La limitata durata della convivenza matrimoniale è uno dei parametri di cui il giudice può tenere conto nella determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento, ma non è circostanza idonea ad incidere sul diritto a percepirlo.
Con questo principio di diritto la Corte di Cassazione (ordinanza n. 21597 del 13 ottobre 2014) è tornata a pronunciarsi sulle questioni patrimoniali insorgenti da una causa di divorzio, ribadendo l'orientamento ampiamente consolidato in materia.
Premettendo che "l'assegno deve tendere al mantenimento del tenore di vita goduto dal coniuge durante la convivenza matrimoniale", la Corte ha precisato che "indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi".
Pertanto, la S.C. ha considerato adeguatamente motivata la sentenza del giudice di merito che ha tenuto conto nel sancire il diritto per l'ex moglie all'assegno divorzile della disparità di reddito sussistente nel caso di specie (data la perdita dell'attività lavorativa dell'ex moglie, l'allontanamento dalla precedente città di residenza per raggiungere la famiglia d'origine, ecc.).
Quanto alla breve durata del matrimonio, tale ultimo parametro, ha affermato la Cassazione, è stato preso in considerazione dal giudice a quo, ma, correttamente, per ciò che attiene al quantum e non al diritto all'assegno.
Cogliendo, dunque, l'occasione per precisare il tradizionale insegnamento secondo il quale "nella quantificazione dell'assegno di divorzio, il giudice del merito non deve necessariamente riferirsi a tutti i parametri di cui all'art. 5 L. divorzio, potendo dare prevalenza anche soltanto ad alcuni o ad uno di essi", la Corte ha quindi rigettato il ricorso del marito, condannando anche al pagamento delle spese di giudizio.
Vedi anche:
» Cassazione: matrimonio di breve durata e assegno di mantenimento. Con giurisprudenza
» Guida Legale sull'assegno di mantenimento