di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza n. 22628 del 24 Ottobre 2014.
E' legittimo rifiutare, in caso di silenzio diniego, la richiesta del contribuente di rimborso IRAP, se lo stesso durante l'anno ha usufruito dell'aiuto di un collaboratore presso la propria impresa familiare. E' quanto chiarisce la Corte di Cassazione che ha accolto un ricorso dell'Agenzia delle Entrate.
In precedenza tale rifiuto era stato ritenuto invece illegittimo dalla Commissione tributaria, che aveva ritenuto che "le spese generali e i beni strumentali riscontrati non modificavano il carattere strettamente personale dell'attività svolta, mentre l'ausilio del collaboratore in impresa familiare non poteva avere assicurato l'ampliamento delle capacità personali".
E' corretto,spiega la Corte, fondare le proprie valutazioni sulle circostanze che, al fine di riscontrare il carattere dell'autonoma organizzazione, il contribuente sia il solo responsabile dell'organizzazione e che lo stesso, ai fini della produzione, impieghi in forma minima rispetto al lavoro apportato, beni strumentali.
La prova dell'esistenza dell'autonoma organizzazione, per ottenere il rimborso dell'imposta non dovuta, spetta al contribuente.
Non è corretto,invece, ritenere che la collaborazione all'attività da parte di un familiare non sia di per sé idonea a produrre ricchezza ulteriore "rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare". L'intervento di questa figura è quindi idoneo ad ampliare le capacità personali del contribuente.
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