Avv. Francesco Pandolfi cassazionista.
Quando l'Amministrazione intende agire nei confronti del pubblico dipendente per il recupero di somme corrisposte in precedenza, tale azione è soggetta alla prescrizione decennale ai sensi dell'art. 2946 c.c.
Afferma l'importante principio il Tar Lazione Sezione 3, con la sentenza n. 2283/2014.
Con ricorso notificato il 2xxxxx il Maresciallo Maggiore R., sottufficiale in servizio presso la Cr. Ro., ha chiesto l'annullamento dei provvedimenti in forza dei quali la C. ha provveduto, a seguito di ricostruzione della carriera militare ed all'annullamento di indebiti pregressi inquadramenti, a richiedere al ricorrente la restituzione della complessiva somma di euro 4.590,21 per gli emolumenti indebitamente versatigli negli anni che vanno dal 7xxxx3 (data in cui il ricorrente fu arruolato nel Corpo con il grado di Caporale anziché di Milite) sino a tutta l'annualità 1xxx.
Il ricorrente non contesta il nuovo e meno favorevole inquadramento, scaturito dalle risultanze di una visita ispettiva disposta dalla Ragioneria Generale dello Stato concretatasi in una relazione dei Servizi ispettivi di finanza pubblica dell'8 agosto 2008, in base alla quale il Commissario Straordinario della C., con ordinanza n. 4xx del xxxx1, ha dato mandato al competente Servizio interno di procedere al recupero.
Egli insta, invece, per l'illegittimità della procedura di recupero delle somme erogategli, che contesta per i seguenti motivi:
1) Violazione dell'art. 7 L. 241/1990 per asserita violazione dell'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento; 2) Violazione dell'art. 97 Cost. e del principio per cui non sarebbe possibile, per la P.A., ripetere le somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, ove questi le abbiano percepite in buona fede; 3) Violazione di legge per intervenuta prescrizione quinquennale, o, in subordine, decennale della richiesta di ripetizione dell'indebito; 4) Violazione dell'art. 97 Cost. sotto altro profilo ed eccesso di potere per irragionevolezza e illogicità, in quanto l'Amministrazione ha richiesto al ricorrente le somme indebitamente erogategli al lordo delle trattenute fiscali, previdenziali ed assistenziali.
Sulla scorta di tali motivi il ricorrente ha chiesto l'annullamento, previa sospensione cautelare, dei provvedimenti impugnati, oltre alla declaratoria dell'intervenuta prescrizione e che nulla è ad essa dovuto dal ricorrente, nonché la condanna della C. alla restituzione di quanto nelle more del giudizio eventualmente trattenuto.
La C. e le altre Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio senza produrre memorie difensive.
Con ordinanza n. 1xxx3 è stata respinta l'istanza cautelare proposta dal ricorrente; essa è poi stata accolta dal Consiglio di Stato in sede di appello con ordinanza n. 2xxxx3, sulla scorta del rilevato pregiudizio a carico del ricorrente.
La decisione.
Il ricorso è fondato, e va accolto, sotto il profilo dedotto nel terzo motivo -assorbente rispetto alle altre censure, perché incidente sulla ripetibilità del credito-, con il quale il ricorrente lamenta l'intervenuta prescrizione del credito da indebito oggettivo vantato dall'Amministrazione.
Invero, non è in alcun modo posto in dubbio dalla difesa dell'Amministrazione che, come allegato e documentato dal ricorrente, la C. ha per la prima volta provveduto a ripetere l'indebito oggettivo verso il ricorrente con nota del 2xxxx pervenuta all'interessato il 2xxxxx.
Gli emolumenti oggetto di indebita corresponsione, tuttavia, erano stati versati al dipendente dal 1xxx sino al 1995.
Ne segue che il credito per indebito azionato dall'Amministrazione risultava, al momento della ripetizione, interamente prescritto.
Infatti l'azione di recupero di somme indebitamente corrisposte dal pubblico dipendente da parte della P. A. è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. (Cons. Stato, sez. VI, 26/06/2013 n. 3503), il cui decorso si era ampiamente compiuto alla data in cui è stato notificato al ricorrente l'atto con cui l'Amministrazione ha proceduto alla ripetizione dell'indebito.
Non osta a tale conclusione l'art. 3 del R. D. 295/1939, a tenore del quale, ove risulti effettuato il pagamento di somma prescritta da parte dell'Amministrazione, questa non ha facoltà di rinunciare alla prescrizione ed alla relativa eccezione.
La norma, infatti, si limita a prevedere l'obbligo dell'Amministrazione di procedere all'azione di recupero anche se il suo credito da indebito verso il dipendente sia già prescritto, senza la facoltà che l'art. 2937 c.c. conferisce a chi possa disporre validamente del diritto: pertanto, la disposizione del 1939 risulta coerente con la norma codicistica appena citata, in quanto entrambe confermano l'impossibilità di rinunziare a crediti di cui non si abbia la disponibilità.
Tutto ciò, peraltro, non significa che al privato accipiens non sia data l'eccezione di prescrizione dell'indebito per cui l'Amministrazione è tenuta ad agire.
L'art. 3, piuttosto, risulta coerente anche con la generale disposizione dell'art. 2938 c.c., per cui la prescrizione non è rilevabile d'ufficio: l'Amministrazione non può quindi rinunziarvi, ma rimane soggetta alla facoltà dell'accipiens di sollevare la relativa eccezione; ove ciò accada, e la prescrizione sia compiuta senza valide cause interruttive, il credito da indebito dovrà dichiararsi prescritto, come nel caso in esame.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, ed il credito da indebito dell'Amministrazione verso il ricorrente deve essere dichiarato prescritto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Avv. Francesco Pandolfi cassazionista
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