Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista
Tizio viene escluso dalla selezione di 907 posti di Allievi agenti di Polizia di Stato, in quanto nello stesso anno aveva presentato domanda di partecipazione ad un altro concorso indetto per carriere di altre Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare.
All'esito di varie complesse fasi di giudizio scaturite dall'opposizione del ricorrente all'esclusione il Consiglio di Stato, con la pregevole sentenza n.3226/14 del 26.06.2014, stabilisce come -ai fini del decidere- l'Amministrazione sia tenuta a comprovare in giudizio ogni attività espletata: comunicazioni, notificazioni, registri delle Segreterie Tar, riassunzioni.
Il tutto con l'espressa finalità di verificarne l'operato.
In punto di fatto, l'odierno appellante partecipava al concorso, indetto con bando pubblicato sulla G.U., 4^ s.s., n. 93 del 28.11.2008, per 907 posti di Allievi agenti della Polizia di Stato (successivamente elevati, con decreto del Capo della Polizia in data 09.12.2009, a 1078 posti), collocandosi tra gli idonei alla prova preselettiva, al 1xxx posto.
Con d.m. in data 1xxxx notificatogli il 1xxxxx, egli è stato escluso da detta selezione per violazione dell'art. 2, quarto comma, del bando di concorso, nel quale è previsto che "I candidati nello stesso anno non possono presentare domanda di partecipazione ad altri concorsi indetti per le carriere iniziali delle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo militare della Croce Rossa, pena l'esclusione dal concorso".
Avverso detto provvedimento di esclusione egli ha proposto quindi ricorso dinanzi al Tar per la Sicilia, deducendo, in particolare: a) la retroattività della clausola del bando applicata nella fattispecie; b) che, in ogni caso, esso ricorrente ha sì fatta domanda per l'accesso all'Arma dei Carabinieri, ma è anche vero che egli non si è presentato alle prove relative a tale concorso: comportamento concludente (quello appena citato) che evidenzia la sua volontà di porre nel nulla ovvero di rendere priva di effetti la domanda di partecipazione per la selezione nell'Arma dei Carabinieri; c) la violazione dell'art. 3 legge 241/90 e l'eccesso di potere per disparità di trattamento.
Con ordinanza 21 maggio 2010, n. 428, il Tar ha respinto la domanda cautelare proposta.
Con successiva ordinanza lo stesso Tar si è pronunciato sul ricorso per regolamento di competenza proposto dall'Amministrazione resistente e, preso atto dell'adesione del ricorrente, ha ordinato la trasmissione degli atti del ricorso al Tar per il Lazio, sede di Roma.
A seguito della prosecuzione del giudizio dinanzi al Tar per il Lazio, con ordinanza n. 4786/2011, resa a seguito della trattazione della causa all'udienza pubblica del 12 maggio 2011, è stata ordinata l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei candidati risultati idonei all'esito della procedura selettiva in questione.
All'udienza del 9 gennaio 2012 il Tar rilevato che parte ricorrente non ha adempiuto all'ordine di integrazione del contraddittorio oggetto dell'ordinanza n. 4786/2011 (con la quale è stato specificato che a tali incombenti la parte ricorrente avrebbe dovuto provvedere nel termine perentorio di giorni sessanta decorrente dalla data della notificazione ovvero, se anteriore, della comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ulteriormente provvedendo, entro l'ulteriore termine perentorio di giorni trenta dal completamento delle anzidette formalità di notificazione, al deposito della documentazione attestante il rispetto dell'incombente in questione), ha dichiarato il ricorso improcedibile, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a., non essendo stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato.
Avverso detta sentenza propone appello l'originario ricorrente, deducendo che l'inottemperanza alla ordinanza 4786 "deriva esclusivamente dalla mancata conoscenza della stessa, stante la comunicazione al difensore a mezzo di deposito in cancelleria del Tar Lazio, posta la mancata elezione di domicilio in Roma" e che quest'ultima, a sua volta, "conseguiva al mancato ricevimento dell'ordinanza presidenziale resa dal Tar Sicilia nel procedimento N. 8xxxx0 reg. ric. a mezzo della quale si sarebbe dovuta comunicare la trasmissione del fascicolo e lo spostamento del procedimento".
"In mancanza di conoscenza della pendenza del giudizio dinnanzi al Tar dichiarato competente con la detta ordinanza", conclude, egli "non ha potuto in alcun modo eleggere domicilio presso di questo".
Ritiene quindi, in definitiva, "scusabile a fronte delle censure ... il motivo per il quale è rimasta sconosciuta tanto la trasmissione del fascicolo quanto la pendenza del giudizio dinnanzi al Tar Lazio ricevente, con le ovvie conseguenze negative per il ricorrente trasfuse in sentenza" e chiede "la rimessione al Tar che ha pronunciato la sentenza oggetto della presente impugnazione ai fini del prosieguo del giudizio di primo grado consequenziale alla riforma della sentenza, onde consentire all'odierno appellante di essere rimesso in termini ai fini di ottemperare all'ordinanza del maggio 2011".
Si è costituita in giudizio per resistere, prima con formule di mero stile e poi con articolata memoria, l'Amministrazione appellata.
Il Collegio ritiene necessario acquisire, ai fini del decidere, anche tenuto conto del sollecito di ogni opportuna verifica riguardo all'attività posta in essere formulata nelle sue difese dalla stessa Avvocatura Generale dello Stato, i seguenti atti, non presenti (o presenti in maniera incompleta) nel fascicolo trasmesso dal Tar Lazio ai sensi dell'art. 6, comma 2, dell'All. 2 al c.p.a.:
1) copia della comunicazione all'odierno appellante, ex art. 33, comma 3, c.p.a. (e non, come dedotto dall'appellato, ai sensi dell'art. 31, comma 4, della previgente legge n. 1034/1971, non applicabile ratione temporis alla fattispecie, che non rientra, almeno quanto a detta comunicazione, nella ipotesi di ultrattività della disciplina anteriore prevista dall'art. 2 del Titolo II dell'All. 3 al c.p.a.), dell'Ordinanza presidenziale del Tar per la Sicilia, sede di Palermo, n. 33/2010;
2) copia del registro tenuto dalla Segreteria della Sezione Prima del Tar per la Sicilia, sede di Palermo, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. d), dell'All. 2 al c.p.a., nella parte riguardante la citata ordinanza n. 33/2010, completa della annotazione di cui al comma 3 dello stesso art. 2;
3) copia dell'atto di riassunzione del giudizio davanti al Tar per il Lazio, sede di Roma, ai sensi dell'art. 15, comma 4, terzo periodo, c.p.a. (recante gli estremi identificativi della parte che ha provveduto alla riassunzione);
4) estremi della ricezione, da parte del Tar per il Lazio, del fascicolo del ricorso ad esso trasmesso dal Tar Sicilia in esecuzione in esecuzione dell'Ordinanza Presidenziale n. xxxxx0;
5) copia della comunicazione all'odierno appellante del decreto di fissazione dell'udienza pubblica;
6) copia della comunicazione all'odierno appellante, ex art. 33, comma 3, c.p.a., dell'Ordinanza del Tar per il Lazio, sede di Roma, n. 4xxxxx1;
7) copia della comunicazione all'odierno appellante del decreto di fissazione dell'udienza pubblica del 9xxxxx, ai sensi dell'art. 71, comma 5, c.p.a.;
8) copia della comunicazione all'odierno appellante, ex art. 89, comma 3, c.p.a., dell'intervenuto deposito della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, n. 6xxxx2.
Tutte le comunicazioni di cui sopra devono recare gli estremi della relativa ricezione (data e firma, o rapporto fax dal quale risulti l'esito positivo della ricezione stessa) da parte del destinatario.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), ordina quindi il deposito degli atti di cui in motivazione, da effettuarsi da parte dei soggetti, nei termini e con le modalità ivi indicati.
Avv. Francesco Pandolfi
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