I giudici della II sezione penale hanno ritenuto che il taccheggiatore fosse solo un

Con la sentenza 11 novembre n. 46412/2014, la II sezione penale della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla definizione del reato di tentata rapina impropria


Il fatto - giudicato dai giudici della Corte d'Appello di Bari come rapina impropria aggravata dall'uso di arma - vedeva coinvolto un soggetto il quale, all'interno di un grande centro commerciale della Puglia, aveva dapprima rimosso il dispositivo anti-taccheggio da un paio di scarpe e di pantaloni al fine di rubarli ma, dopo essere stato sorpreso da un commesso, aveva abbandonato la merce ed era scappato dal negozio mostrando un coltello ai dipendenti che lo inseguivano. 


Rifacendosi agli orientamenti con cui la stessa Corte a sezioni unite aveva recentemente definito tentato furto la condotta di colui che dopo aver sottratto della merce dai banchi di un supermercato si fermava prima di varcare le soglie del negozio stesso, allo stesso modo i giudici della II sezione penale hanno ritenuto che il taccheggiatore pugliese fosse solo un "aspirante" rapinatore


Questi, infatti, ha sì utilizzato il coltello per assicurarsi la fuga dal centro commerciale, ma solo dopo aver abbandonato la "tentata refurtiva" sugli scaffali dello stesso magazzino. 


Insomma, alla amotio (la sottrazione del bene) non ha fatto seguito poi l'ablatio (cioè lo spossessamento).


Si richiama per il resto il testo integrale della sentenza qui sotto allegata.


Riferimenti normativi: Art. 628. Rapina.

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da euro 516 a euro 2.065.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità.
La pena è della reclusione da quattro anni e sei mesi a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098:

1) se la violenza o minaccia è commessa con armi , o da persona travisata, o da più persone riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis;
3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.
3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Cassazione, sentenza 11 novembre 2014, n. 46412

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