Dott. Daniele PROFILI - daniele.profili@gmail.com
Il Capo III del c.p.m.p. é intitolato ai reati di assenza dal servizio militare ove è possibile distinguere tra: 1) i reati di assenza dal servizio in senso proprio, tra cui si annoverano i reati di allontanamento illecito, diserzione e mancanza alla chiamata; 2) altri reati implicanti una indisponibilità al servizio, tra i quali si inquadrano i reati di simulata e procurata infermità.
Nei reati di assenza dal servizio in senso proprio assume una portata determinante la nozione di "giusto motivo". Nella struttura delle fattispecie di tali reati la carenza di un giusto motivo è un elemento negativo della condotta, si rende cioè necessario riscontrarne l'assenza perché il fatto costituisca reato. Al riguardo è opportuno precisare che il giusto motivo, introdotto dal legislatore per equilibrare la struttura delle fattispecie penalmente rilevanti inquadrabili in detti reati di natura omissiva, non ha natura di scriminante quanto piuttosto di elemento integrativo di segno negativo del reato, la cui assenza è di per sé idonea alla sua connotazione. Pertanto, come sancito anche dalla S.C., ad esso non sarà applicabile il regime delle cause di giustificazione (con conseguente esclusione di rilevanza di quelle meramente "putative", ex art. 59, secondo cpv. c.p.), né tantomeno risulterà riconducibile alla previsione dello "stato di necessità" (ex art. 54 c.p.) od alla "forza maggiore" (ex art. 45 c.p., escludente il nesso causale) - Cass., sez. I, 7 luglio 1986. Ciò in quanto le cause di giustificazione, in particolare lo stato di necessità, rendono legittimo un comportamento astrattamente costituente reato, mentre la presenza di un giusto motivo impedisce che il fatto costituisca reato. L'elemento del giusto motivo non appare nemmeno riconducibile alla nozione di forza maggiore, ex art 45 c.p., poiché in tale ambito sono da ricomprendersi casi di assoluta impossibilità di fatto, mentre nell'ambito del giusto motivo sono stati considerati rilevanti anche casi di impossibilità relativa. Visto che la carenza di un giusto motivo implica la punibilità del fatto, la casistica assume una valenza determinante. Nella elaborazione giurisprudenziale pluriennale, in materia di c.p.m.p., vi sono stati anche pronunciamenti contraddittori. Per esemplificare sono stati ritenuti giusto motivo legittimante dei reati di assenza dal servizio le seguenti fattispecie: 1) la malattia determinante la intrasportabilità del soggetto; 2) in pronunciamenti più recenti, anche la malattia determinante la semplice preclusione dello svolgimento di normale attività lavorativa; 3) l'aborto del coniuge (sul punto specifico si trovano pronunciamenti contrastanti); 4) il quadro clinico che riveli una personalità fortemente disturbata, e quindi una malattia mentale.
In generale integra il giusto motivo ogni situazione eccezionale, temporanea, che derivi da un accadimento improvviso ed imprevedibile e che determini l'impedimento alla ripresentazione in servizio del militare. Condivisibile appare anche la seguente definizione di giusto motivo: ogni accadimento che, ove fosse stato tempestivamente comunicato alla propria linea gerarchica, avrebbe determinato una autorizzazione alla assenza dal servizio. Non è stato ritenuto integrare un giusto motivo: 1) il bisogno economico e quindi una necessità di assentarsi dal servizio per svolgere una attività lavorativa che consenta la sussistenza propria o dei propri familiari; 2) lo stato di tossicodipendenza; 3) lo stato di latitanza per causa ovviamente diversa dal reato comune o militare; 4) la gravidanza del coniuge, perché trattasi di accadimento non improvviso e imprevedibile; 5) la malattia che non determini intrasportabilità o impossibilità di prestazione della normale attività lavorativa.
In conclusione appare fondamentale sottolineare che la rilevanza dell'elemento del giusto motivo sia determinante per tutti i reati di assenza dal servizio in senso proprio ovvero: allontanamento illecito (art. 147 c.p.m.p.), diserzione (art. 148) e mancanza alla chiamata (art. 152). Fanno eccezione le simmetriche fattispecie previste dall'art. 147 co. 1 e dall'art. 148 co. 1, cioé quando il militare in servizio alle armi si allontani arbitrariamente dal Reparto di appartenenza rimanendo assente almeno per un giorno, nel caso dell'allontanamento illecito, o almeno per cinque giorni consecutivi nel caso della diserzione. Esclusivamente in tali casi l'elemento negativo del giusto motivo non rileva. Pertanto, l'allontanarsi arbitrariamente dal Reparto di appartenenza senza autorizzazione ab initio senza farvi rientro nei tempi suddetti, costituisce comportamento che integra la fattispecie di reato anche in costanza di giusto motivo a meno che non sussista una scriminante, ovvero una causa di giustificazione vera e propria.
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