Cosa sono le clause claims made. Quali sono i vantaggi e quali i pericoli
Sempre più spesso, nei contratti di assicurazione per responsabilità civile stipulati dagli avvocati - così come nelle polizze professionali in genere - vengono inserite le cosiddette clausole claims made. Con tale espressione di derivazione anglosassone (che potremmo tradurre con "a richieste fatte"), si intende un regime per cui - a differenza di quanto accade nelle assicurazioni tipiche ex art. 1917 c.c., e di quelle obbligatorie per responsabilità da circolazione stradale - il sinistro propriamente detto si considera sorto non già nel momento in cui il fatto illecito si è consumato, bensì quando il danneggiato presenta richiesta di risarcimento.

In pratica, assicurato e assicuratore dispongono convenzionalmente una definizione di sinistro diversa da quella civilistica di "evento futuro e incerto": o per meglio dire, interpretano come futuro e incerto l'evento della richiesta del risarcimento, mentre il fatto illecito può anche essere riferito a un'epoca passata

Contrariamente a un'interpretazione dottrinale e giurisprudenziale che vuole tali clausole contra legem, la Suprema Corte (Cass. III sez. civ., 17 febbraio 2014 n. 3622) ha ravvisato anche nelle polizze dotate di clausole claims made la presenza dell'elemento dell'alea richiesto dal codice: un'alea che consiste nella presa di coscienza da parte del professionista di fatti illeciti commessi in passato, di cui egli ignorava la illiceità o la idoneità a produrre effetti lesivi per il cliente (escludendo ovviamente l'operatività di tali polizze nei confronti di illeciti commessi con dolo).


La ratio di tale meccanismo mira a garantire all'assicurato una copertura totale per tutto il periodo di vigenza della polizza, anche relativamente ad accadimenti verificatisi prima della stipulazione del contratto assicurativo: una procedura particolarmente indicata per i rapporti di prestazione d'opera professionale, dove spesso il cliente ha contezza dell'illecito commesso dal professionista anche molto tempo più tardi di quando si è effettivamente verificato.

In questo meccanismo c'è però anche il rovescio della medaglia. Le clausole claims made, infatti, non sono prive di insidie per lo stesso professionista assicurato - tanto da essere viste da certa dottrina come clausole vessatorie - laddove questi può essere chiamato a rispondere personalmente di un sinistro anche quando il rapporto assicurativo è ormai cessato.  In altri termini se il fatto che costituisce fonte di responsabilità professionale si verifica durante il periodo di copertura assicurativa ma la richiesta di risarcimento arriva dopo che il rapporto assicurativo è già cessato, il danno non è più coperto dalla polizza.

Sotto questo profilo, le clausole claims made potrebbero essere considerate contra legem e il dubbio viene posto dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 3622/2014 che, pur non potendo fornire risposta alla questione (dato che esula dalla fattispecie concreta presa in esame), ha comunque affermato che 'la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità', venendo a mancare, in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all'indennizzo, per il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo scioglimento del contratto (come frequentemente avviene - ben più che nel caso opposto e qui considerato - in tema di responsabilità professionale).

Qui di seguito alcune massime giurisprudenziali sulla clausola "claims made".


Cassazione Civile, sentenza n. 3622/2014:


La clausola claim made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell'assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all'alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione dell'assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, come nel caso in esame; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall'assicurato nel corso della piena validità ed efficacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto.


Con riferimento al caso di specie (copertura per comportamenti anteriori alla data di conclusione del contratto) la Corte di appello ha ritenuto inefficace la clausola sulla base del presupposto che l'alea è elemento essenziale del contratto di assicurazione, la cui mancanza determina la nullità del contratto medesimo.  In realtà nel caso in esame un'alea non concerne i comportamenti passati nella loro materialità, ma la consapevolezza da parte dell'assicurato del loro carattere colposo e della loro idoneità ad arrecare danno a terzi. In secondo luogo, non è detto che qualunque comportamento colposo induca il danneggiato a proporre domanda di risarcimento dei danni.


In relazione a fattispecie diverse da quella in oggetto (in cui la clausola claim made è stata invocata per escludere la copertura assicurativa, pur essendosi il sinistro realizzato nel pieno vigore del contratto di assicurazione, in quanto la domanda risarcitoria è stata per la prima volta proposta dopo lo scioglimento del contratto medesimo) la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità, venendo a mancare, in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all'indennizzoper il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo scioglimento del contratto (come frequentemente avviene - ben più che nel caso opposto e qui considerato - in tema di responsabilità professionale)".



Cassazione civile sentenza n. 7273/2013


La clausola cosiddetta "claims made" inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile (in virtù della quale l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato dalle conseguenze dannose dei fatti illeciti da lui commessi anche prima della stipula, se per essi gli sia pervenuta una richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato durante il tempo per il quale è stata stipulata l'assicurazione) è valida ed efficace, mentre spetta al giudice stabilire, caso per caso, con valutazione di merito, se quella clausola abbia natura vessatoria ai sensi dell'art. 1341 c.c.


Cassazione Civile sentenza n. 5624/2005

il contratto di assicurazione della responsabilità civile con clausola cosiddetto "a richiesta fatta" (claims made) non rientra nella fattispecie tipica prevista dall'art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, generalmente lecito ex art. 1322 c.c., giacché, del suindicato art. 1917, l'art. 1932 c.c. prevede l'inderogabilità - se non in senso più favorevole all'assicurato - del terzo e del comma 4, ma non anche del primo, in base al quale l'assicuratore assume l'obbligo di tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo in conseguenza di tutti i fatti (o sinistri) accaduti durante il tempo dell'assicurazione di cui il medesimo deve rispondere civilmente, per i quali la connessa richiesta di risarcimento del danno da parte del danneggiato sia fatta in un momento anche successivo al tempo di efficacia del contratto, e non solo nel periodo di "efficacia cronologica" del medesimo, come si desume da un'interpretazione sistematica che tenga conto anche del tenore degli art. 1917, 1913 e 1914 c.c., i quali individuano l'insorgenza della responsabilità civile nel fatto accaduto. Né, al riguardo, assume rilievo l'art. 2952 c.c., recante il riferimento alla richiesta di risarcimento fatta dal danneggiato all'assicurato o alla circostanza che sia stata promossa l'azione, trattandosi di norma con differente oggetto e diversa ratio, volta solamente a stabilire la decorrenza del termine di prescrizione dei diritti dell'assicurato nei confronti dell'assicuratore. Infine, in quanto riduce l'ambito oggettivo della responsabilità dell'assicuratore fissato dall'art. 1917 c.c. (e da ricomprendersi, quindi, tra le condizioni che stabiliscono limitazioni di responsabilità a favore del predisponente), la clausola "a richiesta fatta" è da ritenersi vessatoria, ai sensi dell'art. 1341 c.c.".


Trib. Genova, sentenza del 8.4.2008: "L'art. 1917 c.c. è norma inderogabile rappresentando l'essenza stessa del contratto di assicurazione e cioè il trasferimento del rischio derivante dall'esercizio di una attività professionale esercitata. Pertanto, nel contratto di assicurazione R.C. la clausola contrattuale ‘claims made', che sottopone l'operatività della garanzia al momento in cui perviene la richiesta risarcitoria del danneggiato, dà origine ad un contratto atipico nullo sia perché contrario all'imperativa norma primaria di cui all'art. 1917 c.c., sia perché rende il contratto privo di causa e cioè privo del trasferimento del rischio dall'assicurato all'assicuratore. E', tuttavia, ben possibile sostituire alla medesima la disciplina legale secondo il disposto dell'art. 1419, 2° comma, c.c." (in Danno e Responsabilità 1/2009, pag. 103)


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