Nulla, insanabilmente nulla! Tale è la sentenza che chiude il processo del lavoro o altra causa che segua il medesimo rito, se manca la lettura del dispositivo in udienza. Così è stato stabilito - o piuttosto chiarito - dalla Suprema Corte, nella sentenza n. 25305 del 28 novembre 2014.
Nei casi in cui oggetto della controversia trattata siano rapporti di lavoro e tutte quelle materie per cui il nostro codice prevede la stessa procedura (vedi contratti di locazione), il dispositivo della sentenza deve necessariamente essere letto dal giudice nell'udienza di discussione - l'ultima. Un "requisito formale" richiesto dal Legislatore per rispondere a quelle esigenze di concentrazione del giudizio e immutabilità della decisione che caratterizzano tali riti.
In particolare, nel caso deciso in terzo grado dalla sentenza numero 25305, gli Ermellini hanno cassato con rinvio la sentenza
di appello di un procedimento del lavoro per non essere intervenuta nel giorno stesso dell'udienza di discussione. Ironia della sorte, la sentenza annullata respingeva il ricorso perché tardivo! Una sorta di legge del contrappasso che per "questioni di forma", annulla una sentenza che si pronuncia su… "questioni di forma". Intanto, il giudizio di secondo grado dovrà celebrarsi di nuovo. Ovviamente, con poche - o nulle - speranze per il ricorrente!