Può essere considerata sanata la nullità dell'atto di chiamata in causa del terzo per carenza di procura, anche se questi si è costituito in giudizio senza dedurre il vizio in questione?
Saranno le sezioni unite a dare una risposta certa al quesito sottoposto dalla seconda sezione civile della Cassazione con ordinanza n. 24959 del 24 novembre scorso.
La questione prende le mosse dalla revoca del decreto ingiuntivo del Tribunale di Trieste emesso nei confronti di due condomini, su ricorso dello stesso condominio per il pagamento di quasi 4mila euro come quota di loro pertinenza della spesa per lavori compiuti nello stabile.
Il tribunale in accoglimento della domanda riconvenzionale dei condomini opponenti, per il risarcimento dei danni subiti dal loro appartamento in seguito all'esecuzione dei suddetti lavori, li condannava al pagamento della somma residua, condannando anche la ditta appaltatrice chiamata in causa in garanzia dal condominio.
La decisione veniva impugnata dalla ditta che eccepiva l'inammissibilità della chiamata in causa da difensore sfornito di apposita procura, ma la Corte d'Appello di Trieste rigettava il gravame.
Il terzo ricorreva pertanto in Cassazione.
Chiamata ad intervenire, la S.C. valutava la correttezza della statuizione della Corte d'Appello sulla tardiva eccezione, "sollevata soltanto nella comparsa conclusionale di primo grado, e dunque tardivamente, con piena accettazione cioè del contraddittorio svoltosi sino a quel momento".
Il giudice territoriale, infatti, richiamando il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, affermava che "il terzo che, pur essendo stato chiamato in causa da un difensore sfornito della procura a proporre istanze eccedenti l'ambito originario della lite, si costituisce in giudizio e, invece di eccepire la nullità dell'atto di chiamata, accetti il contraddittorio sul merito, non può più dedurre tale nullità nell'ulteriore corso del procedimento, né la stessa può essere rilevata d'ufficio dal giudice".
D'altro canto, però, hanno ritenuto i giudici di Piazza Cavour, non può non considerarsi che l'orientamento della giurisprudenza in proposito è tutt'altro che consolidato, giacché ai precedenti richiamati dalla Corte d'Appello si contrappongono quelli, sia anteriori che successivi, di segno opposto, secondo i quali "il difensore munito di procura per una determinata controversia non può in base alla stessa effettuare la chiamata in garanzia di un terzo introducendo nel processo una nuova e distinta controversia che ecceda i limiti dell'originario rapporto litigioso, salvo che la parte abbia inteso autorizzarla a rappresentarla anche nel giudizio da promuovere mediante la chiamata in garanzia; al di fuori di questa ipotesi la conseguente nullità non può considerarsi sanata qualora il chiamato si costituisca in giudizio senza dedurre preliminarmente il vizio in questione".
Essendo, dunque, in presenza di un contrasto giurisprudenziale sinora "latente", la Corte ha rimesso gli atti al primo presidente, affinchè siano le sezioni unite a pronunciare l'ultima parola.
Cassazione: testo ordinanza 24959/2014