Poco importa che la sua attività non sia poi sfociata in un procedimento dinanzi a un magistrato, secondo la Cassazione infatti (sentenza numero 50345/2014) sussiste comunque il reato previsto e punito dall'art. 348 del codice penale.
Si tratta della classica "norma penale in bianco" dato che per poter definire l'illiceità della condotta è necessario fare riferimento ad altre norme dell'ordinamento giuridico che devono stabilire quali sono le professioni esercitabili con una speciale abilitazione.
Sotto questo profilo in passato la Corte Costituzionale (sentenza 27 aprile 1993 n.199) aveva respinto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 348 sollevata dal Pretore di Treviso con riferimento agli artt. 25 e 27 della Costituzione per presunto contrasto con i principi di riserva di legge in materia penale e di tassatività della fattispecie penale.
La Consulta, in relazione alla presunta violazione dei principi di tassatività e determinatezza ha affermato che una norma penale in bianco ben può essere integrata facendo ricorso ad altre disposizioni che stabiliscono i requisiti necessari per l'esercizio di una professione.
In una precedente pronuncia (sent. 168/1971) la Consulta ha comunque già ritenuto legittime le norme penali in bianco.Sta di fatto che l'esercizio abusivo si integra quando una progressione è esercitata in mancanza dei presupposti di legge che possono essere non solo il mancato superamento dell'esame di Stato ma anche la mancata iscrizione all'albo.
La stessa Cassazione in una precedente pronuncia (646/2013) aveva già enunciato un principio analogo spiegando che può integrare il delitto di esercizio abusivo della professione di avvocato il comportamento di chi dopo aver conseguito l'abilitazione statale eserciti la professione senza essersi iscritto all'albo professionale.