di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione terza, sentenza n. 25731 del 5 Dicembre 2014.
In caso di incidente stradale con esiti mortali, il giudice di merito può legittimamente escludere la risarcibilità del danno biologico terminale se dall'istruttoria emerge che l'evento morte è avvenuto in un lasso di tempo molto breve.
Per danno biologico terminale si intende quella particolare forma di danno non patrimoniale rappresentato dal patimento d'animo e dalle sofferenze che la vittima ha patito nel lasso di tempo intercorrente tra il fatto (in questo caso un incidente stradale) e la morte. La liquidazione avviene in via equitativa ma è necessario, appunto, che sia intercorso un lasso di tempo sufficiente tra i due eventi, tale per cui la sofferenza sia prolungata e rappresenti di fatto lesione al bene della vita. L'accertamento di tale circostanza è affidata al giudice del merito; di conseguenza, se la sentenza è congruamente motivata, il sindacato sul punto risulta impossibile in sede di legittimità.
Nel rigettare il ricorso la Corte ribadisce un principio di diritto consolidato in giurisprudenza, secondo cui "in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, quando all'estrema gravità delle lesioni segua, dopo un intervallo temporale brevissimo, la morte, non può essere risarcito agli eredi il danno biologico terminale connesso alla perdita della vita della vittima, come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull'intensa sofferenza d'animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguite al sinistro". E' legittimo, quindi, che il giudice d'appello, confermando la decisione di primo grado, abbia disposto per la sola liquidazione del danno morale, oltre al danno patrimoniale da lucro cessante, tenendo conto del ruolo economico che la defunta aveva nell'ambito familiare.
Corte di Cassazione civile, sezione terza, testo sentenza n. 25731 del 5 Dicembre 2014.
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