Trasformare il solaio in un terrazzo senza parapetto è legittimo poiché l'opera non costituisce l'apertura di una nuova veduta e pertanto non comporta alcuna violazione delle distanze legali.
Lo ha deciso la seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 26049 depositata il 10 dicembre 2014, accogliendo parzialmente il ricorso dei proprietari di un immobile, parte di un più ampio complesso edilizio (nella specie, una villetta dove era stata realizzata l'opera), contro la sentenza della Corte d'Appello di Palermo che dava ragione ai vicini confinanti, ordinando la demolizione di alcuni manufatti e liquidando il risarcimento del danno.
In particolare, la S.C. ha colto l'occasione per ricordare il principio generale secondo il quale affinchè possano configurarsi "gli estremi di una veduta ai sensi dell'art. 900 c.c., come tale soggetta alla regole di cui agli artt. 905 e 907 c.c. in tema di distanze, è necessaria non solo l'inspectio ma anche la prospectio in alienum", ossia la possibilità di "affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente e lateralmente, grazie alla presenza di un parapetto che consenta l'esercizio di tali facoltà in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza".
Non ritenendo sussistenti tali condizioni nel caso di specie, i giudici di piazza Cavour hanno preso le distanze dalla statuizione della Corte distrettuale, la quale ha erroneamente ritenuto che la semplice trasformazione di un solaio impraticabile in terrazzo, fosse di per sé sufficiente ad integrare una veduta sulla proprietà del vicino. Invero, considerando irrilevanti sia la mancanza del parapetto sul lato a confine con il fondo, sia la presenza, sullo stesso lato, di una recinzione o siepe palizzata removibile in qualsiasi momento, la Corte di merito ha preso in considerazione "la sola inspectio - finendo per sopprimere - il requisito della prospectio, in assenza del quale non può dirsi veduta".
Su questo assunto, la S.C. ha, quindi, accolto il ricorso sul punto cassando la sentenza con rinvio al fine di dedurre dalla liquidazione dei danni operata dal giudice di primo grado, l'importo erroneamente calcolato per la violazione dell'art. 905 c.c. dato il venir meno della lesione.
Vai al testo della sentenza n. 26049/2014