La sentenza emessa dal giudice collegiale, per la sua validità, necessita della sottoscrizione sia del giudice relatore che del presidente.
È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 26328 del 15 dicembre 2014), accogliendo il ricorso di una società contro la decisione della Corte d'Appello di Lecce che aveva dichiarato l'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo e rigettato la domanda riconvenzionale della stessa, fallita nelle more del giudizio.
Avverso la suddetta sentenza, la società ricorreva per Cassazione eccependo la nullità insanabile della sentenza ex art. 161 c.p.c. per violazione dell'art. 132, 1° comma, n. 5 e 2° comma c.p.c. in quanto priva della sottoscrizione del presidente.
La Cassazione concorda ma mette i paletti.
È vero, infatti, hanno affermato i giudici di legittimità, che l'art. 132, primo comma n. 5 c.p.c. prescrive fra gli elementi necessari per la validità della sentenza, la sottoscrizione del giudice e che, in caso di sentenza emessa dal giudice collegiale, come specifica il secondo comma, è necessaria, ai fini della validità la doppia sottoscrizione del giudice relatore e del presidente.
Tuttavia, la nullità inficiante la sentenza mancante di una delle due sottoscrizioni è relativa e non assoluta.
Difatti, la questione è stata risolta dalle Sezioni Unite, hanno ricordato i giudici della S.C., con sentenza n. 11021 del 20 maggio 2014, enunciando il principio di diritto secondo il quale "la sentenza collegiale del giudice civile priva di una delle due sottoscrizioni (del presidente del collegio, ovvero dal giudice relatore è affetta la nullità sanabile, ai sensi dell'art. 161, primo comma, c.p.c., trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, data la possibilità di ricondurla all'organo giudicante che l'ha pronunciata".
Su questo assunto, la S.C. ha cassato la sentenza e rinviato al giudice collegiale in diversa composizione per un nuovo giudizio.
Cassazione Civile, testo ordinanza 15 dicembre 2014, n. 26328