Nell'opposizione a verbale per violazione del codice della strada, il valore della causa, ai fini della liquidazione delle spese processuali, va parametrato sull'importo della sanzione pecuniaria principale, non potendo la comminatoria della sanzione accessoria, di decurtazione dei punti dalla patente di guida, rendere la controversia di valore indeterminabile.
Lo ha affermato la sesta sezione civile della Cassazione, nella sentenza n. 26800 depositata il 18 dicembre 2014, in una vicenda relativa all'opposizione avverso un verbale di contestazione per violazione dell'art. 142, comma 8, Cds, a mezzo del quale veniva disposta nei confronti di un automobilista la sanzione di euro 153,69 oltre alla sottrazione di due punti dalla patente.
L'uomo usciva vittorioso dal giudizio presso il giudice di pace di Mineo ma perdeva l'appello e veniva condannato al pagamento delle spese di euro 2.782,64.
Ricorreva pertanto in Cassazione, lamentando che il giudice territoriale (il tribunale di Catania) avesse determinato l'ammontare dei compensi sull'erroneo presupposto che la causa fosse di valore indeterminabile, applicando conseguentemente ai fini della liquidazione delle spese del giudizio il relativo scaglione di riferimento, anziché desumere il valore della controversia dalla domanda.
La Cassazione gli dà ragione.
Non vi è dubbio, ha affermato preliminarmente la S.C., che il destinatario del verbale di contestazione della violazione del Codice della strada
con la proposta opposizione ha "messo in discussione non soltanto la sanzione pecuniaria che si riconnette a quella contravvenzione, ma anche la preannunciata decurtazione dei punti della patente di guida, la quale costituisce una sanzione accessoria", per cui, il cumulo della sanzione principale, di valore determinato, e di quella accessoria, "non rende la causa di opposizione al verbale indeterminabile ai fini della liquidazione delle spese processuali".Il legislatore, infatti, ha spiegato la Cassazione, nel disciplinare il riparto di competenza tra giudice di pace e tribunale, nei giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, ha sancito (prima con l'art. 22-bis della l. n. 689/1981 e poi con l'art. 6 del d.lgs. n. 150/2011) che l'applicazione di una sanzione accessoria (diversa da quella pecuniaria), congiunta o da sola, non comporta "l'attribuzione della competenza per l'opposizione al tribunale allorché si versa nell'ambito del contenzioso derivante dalla violazione delle norme del codice della strada". Questa "indifferenza", pertanto, rispetto all'individuazione del giudice competente ha un "effetto di sistema" che si proietta aldilà del riparto di competenza tra giudice di pace e tribunale e "vale anche ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese processuali, che è e resta, quindi, quello parametrato sull'importo della sola sanzione pecuniaria, a prescindere dalla comminatoria della sanzione accessoria".
Del resto, una diversa interpretazione, ha sentenziato la Corte cassando la sentenza limitatamente al capo relativo alle spese, "si porrebbe in contraddizione non solo con la struttura semplificata del giudizio di opposizione al verbale di contravvenzione del codice della strada o alla conseguente ordinanza ingiunzione, ma finirebbe anche con il gravare tale giudizio di oneri tali da rendere in concreto difficile l'accesso alla giustizia, risolvendosi in un ostacolo e in un impedimento al pieno esercizio e all'effettivo svolgimento del diritto fondamentale di cui all'art. 24 Cost.".
Cassazione Civile, testo sentenza 18 dicembre 2014, n. 26800