Sono legittimi gli avvisi di accertamento emessi dalla Guardia di Finanza sulla base di indagini eseguite in località diversa da quella di competenza. In altre parole, non c'è nessun limite territoriale per accessi, ispezioni o verifiche effettuati per conto dell'amministrazione finanziaria.
Lo ha stabilito la sezione tributaria della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 90 dell'8 gennaio 2015 rigettando il ricorso di una società che impugnava l'avviso di accertamento ricevuto, dolendosi, tra gli altri motivi, del fatto che l'atto si basava sulle verifiche eseguite da un reparto della Guardia di Finanza "fuori zona" rispetto alla sede della stessa contribuente.
La società eccepiva che gli agenti verificatori avessero agito in violazione dell'art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 600/1973 che fissa la competenza dell'ufficio distrettuale, nella cui circoscrizione ha sede il domicilio fiscale del soggetto tenuto alla dichiarazione, alla data in cui la stessa è stata presentata (o avrebbe dovuto esserlo).
Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici tributari, in primo e in secondo grado, la Cassazione, invece, ha dato ragione all'Agenzia delle Entrate, ritenendo che la norma invocata faccia riferimento all'attività dell'ufficio e non anche a quella della Gdf.
Richiamando la giurisprudenza in materia (cfr. ex multis n. 9611/2000), la S.C. ha infatti affermato che l'attività di ispezione, accesso o verifica della Gdf, effettuata in collaborazione con l'amministrazione finanziaria, non è soggetta, a differenza degli uffici e degli organi di questa, ad alcuna delimitazione di competenza territoriale.
Due i motivi spiegati dalla Corte: anzitutto, gli agenti della Gdf, anche laddove svolgano attività aventi rilevanza tributaria, non sono né dipendenti, né tanto meno organi degli uffici del Ministero delle finanze, appartenendo invece ad un corpo militare nazionale che ha i propri comandi a livello sia centrale che locale; in subordine, inoltre, l'attività del personale, anche quando inerisca atti o indagini a carattere tributario, si concretizza in una cooperazione esterna, alla quale pertanto non possono applicarsi i medesimi criteri di organizzazione o competenza territoriale stabiliti per gli uffici delle imposte.
Inoltre, hanno precisato gli Ermellini, dal tenore della norma invocata, nonché dalla previsione di cui all'art. 63 del decreto Iva, la cooperazione della Gdf con gli uffici dell'amministrazione finanziaria, al fine di acquisire e reperire elementi utili per l'accertamento impositivo e per la repressione di violazioni tributarie, può dipendere da una preventiva richiesta dei suddetti uffici, ma può anche effettuarsi di propria iniziativa.
Ne consegue, ha concluso la Corte accogliendo il ricorso, che i dati reperiti a seguito di verifiche, ispezioni o accessi della Gdf sono legittimamente utilizzabili ai fini tributari, a prescindere dalla loro provenienza e, dunque, ancorché siano derivati da reparti appartenenti a località diverse da quella dove il contribuente ha il domicilio fiscale.