di Avv. Michela Manganati - Foro di Cremona - Disoccupati cronici, studenti svogliati o attempati "teenager"? Niente più alibi per i "bamboccioni" che non vogliono andare via da casa e rimanere sotto lo stesso tetto tra le cure amorevoli e la "paghetta" di mamma e papà.
Pur mantenendo una posizione prudente sulla facoltà, per i genitori, di scaricare la prole "pigra", sulla delicata questione del mantenimento dei figli maggiorenni, la Cassazione è sempre più orientata a porre un freno (Vedi: Mantenimento dei figli maggiorenni. Fino a quando un genitore e' obbligato?' Ecco le sentenze più significative).
È vero, infatti, che l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., non cessa con il raggiungimento della maggiore età, ma permane fino al raggiungimento di una indipendenza economica tale da essere in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita, ma tale obbligo non è infinito (Vedi la guida "Il mantenimento dei figli maggiorenni" ).
Se da un lato, non qualsiasi lavoro o reddito fa venir meno l'obbligo del mantenimento, ma occorre un impiego tale da consentire al figlio un reddito corrispondente alla propria professionalità, adeguato alle sue attitudini ed aspirazioni (Cass. n. 27377/2013; n. 1773/2012; n. 18/2011; n. 14123/2011; n. 21773/2008), dall'altro, l'abuso non è più tollerato.
L'obbligo continua vigere, afferma la Cassazione, solo se il figlio "incolpevolmente" non raggiunge l'indipendenza economica (Cass. n. 23590/2010).
Come dire, i bozzoli, ormai diventati farfalle devono librarsi con le proprie ali.
Se, dunque, la precarietà del mondo del lavoro accentuata dalla crisi fa perdere l'occupazione espletata in passato (Cass. n. 23590/2010) o impedisce di trovare un impiego idoneo, per i figli che tengono un comportamento di inerzia e rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro e quindi di disinteresse nella ricerca di indipendenza economica, la Cassazione ha ritenuto, senza ma e senza se, configurabile l'esonero dalla corresponsione dell'assegno richiesto da parte del genitore obbligato (Cass. n. 7970/2013; n. 4765/2002; n. 1830/2011).
Così, ad esempio, la S.C. ha detto di no al mantenimento della figlia trentaseienne laureata in architettura (e titolare di rendita immobiliare) che aveva rifiutato l'offerta di lavoro del padre, occupato nel settore dell'edilizia, poiché in grado di "attendere ad occupazioni lucrative, ingiustamente, invece, da lei rifiutate" (Cass. n. 610/2012).
Allo stesso modo, ha escluso il diritto al mantenimento del figlio ventottenne che aveva iniziato ad espletare attività lavorativa saltuaria ed era iscritto all'università da più di otto anni (Cass. n. 1585/2014) e al figlio ultratrentenne senza lavoro ma in possesso di un patrimonio tale da garantirgli l'autosufficienza economica (Cass. n. 27377/2013).
Il no ai bamboccioni è stato rigorosamente ribadito dalla Cassazione anche nella recente sentenza n. 18076 del 20 agosto scorso nei confronti di due fratelli, della "tenera" età, rispettivamente, di 46 e 47 anni, che la madre non riteneva ancora pronti per seguire la loro strada e voleva tenere amorevolmente con sé sotto il tetto della casa coniugale a lei assegnata dopo la separazione (vai alla news "Cassazione. Fuori casa i bamboccioni over 40!" ). Ma gli Ermellini non hanno mostrato alcuna "comprensione", mettendo alla porta i due fratelli disoccupati ma impegnati "attivamente nella ricerca di un lavoro", ritenendo che la crisi economica non possa giustificare la mancata sistemazione di persone adulte in grado di "assumersi la completa responsabilità della propria esistenza".
Avv. Michela Manganati - Foro di Cremona
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