Nella procedura esecutiva immobiliare, è dovere del custode garantire la gestione e la manutenzione ottimali del bene pignorato, al fine di una migliore realizzazione della vendita.
Spettano al custode sia l'amministrazione conservativa del bene (ovvero il mantenimento dell'integrità materiale e la salvaguardia del valore economico dell'immobile), sia il dovere di sorveglianza sulle condizioni della res e sull'operato dell'occupante, segnalando tempestivamente alle autorità gli eventuali pericoli che dal bene possano scaturire (ad es. pericolo di crollo, inagibilità, ecc.) e i comportamenti o le situazioni che possano minare l'integrità dell'immobile pignorato.
Il custode è tenuto, inoltre, con la diligenza del buon padre di famiglia, a conservare il bene secondo modalità tali da evitare rischi e danni a terzi e ad attivarsi per eliminare ogni effetto pregiudizievole o situazioni potenzialmente pericolose, facendo eseguire le opere necessarie ad evitarli.
Ma, a questo punto, quid iuris in ordine alle spese necessarie per le opere di manutenzione straordinaria sull'immobile?
L'orientamento dominante
La tesi portata avanti, tutt'oggi, dalla giurisprudenza sostiene che le spese di manutenzione sui beni pignorati spettino sempre al creditore procedente e, nell'ipotesi della sua inerzia al custode, il quale potrà successivamente chiederne il rimborso nel rendiconto.
In particolare, l'indirizzo affermato in una datata sentenza
della Cassazione (ma tuttora seguito), ha ritenuto che "nel caso in cui i beni pignorati non possano essere custoditi senza spese, queste debbono essere anticipate dal creditore procedente su provvedimento del giudice dell'esecuzione. Ove tale provvedimento non sia stato emesso o non venga eseguito, ed il custode non si dimetta, le suddette spese debbono essere erogate in proprio da esso custode, che ne chiederà il rimborso in sede di liquidazione, ovvero, su espressa autorizzazione del giudice, potrà provvedervi con i redditi ricavati dalle cose pignorate" (Cass. n. 2875/1976).Nella stessa sentenza, si legge, altresì, che è il custode a dover "provocare dal giudice del merito un immediato provvedimento per il deposito delle somme occorrente da parte del creditore procedente e, qualora il provvedimento non venga emesso o non eseguito, se il custode stesso non ritenga di dimettersi, provocando se del caso l'eventuale provvedimento del giudice che sanziona la cessazione della procedura esecutiva, lo stesso, risponde in proprio, nei confronti dei terzi, delle obbligazioni assunte; salvo, poi, il suo diritto al rimborso in sede di rendiconto" (Cass. n. 2875/1976).
Per parte della dottrina, invece, ove il creditore non provveda a saldare la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'immobile pignorato l'esecuzione forzata è da dichiararsi improcedibile, giacchè "gli obblighi del custode sono tutti quelli inerenti alla conservazione della cosa - e - se il creditore non anticipa i mezzi necessari il custode non può essere costretto all'esborso", dovendo riferire e declinando l'incarico.
Il recente revirement della giurisprudenza
L'orientamento maggioritario illustrato è stato ribaltato dalla giurisprudenza di merito più recente.
Nell'ordinanza del 24 ottobre 2014, infatti, la quinta sezione civile del Tribunale di Napoli, ripercorrendo gli indirizzi in materia, ha ritenuto di doversi discostare dalla tesi tuttora seguita, sia in dottrina che in giurisprudenza, secondo la quale le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria del bene pignorato devono essere anticipate dal creditore, ex art. 8 d.p.r. n. 115/2002, a pena di improcedibilità dell'azione esecutiva.
Per il giudice napoletano, infatti, "il creditore ha diritto di espropriare i beni del debitore (art. 2910 c.c.) nello stato in cui si trovano, senza dover sopportare alcun onere economico per la previa esecuzione di opere volte a salvaguardare l'integrità dell'immobile o il suo valore di realizzo".
Ciò anche laddove il bene, per le condizioni in cui si trova, è fonte di pericolo per la pubblica o privata incolumità, atteso che il pignoramento, "pur determinando una limitazione delle facoltà di godimento e dei poteri di disposizione dell'immobile, non fa venir meno il diritto dominicale del proprietario, il quale, pertanto, deve ritenersi unico responsabile, ex art. 2053 c.c., per i danni cagionati a terzi a seguito della rovina del bene".
E tale responsabilità permane, secondo il tribunale di Napoli, anche nel caso di sostituzione del custode nel corso del processo esecutivo, ex art. 559 c.p.c., almeno con riguardo alla conservazione ed alla manutenzione delle strutture murarie e degli impianti in esse conglobati.
Nel "consapevole" revirement della giurisprudenza, pertanto, l'attività del custode deve intendersi limitata agli atti di ordinaria amministrazione e di gestione passiva degli immobili staggiti, accantonando gli eventuali frutti ai fini del soddisfacimento della pretesa azionata in via esecutiva.
Da ciò consegue che l'unico obbligato "all'esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione è il debitore proprietario, alla cui inerzia dovranno sopperire, in caso di pericolo per la pubblica incolumità, i competenti organi amministrativi mediante il procedimento della c.d. ‘esecuzione in danno'".
Resta fermo, ovviamente, che, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, il creditore, volendo conseguire il massimo profitto dalla vendita, possa farsi carico spontaneamente delle spese occorrenti per la manutenzione straordinaria dell'immobile.