Se l'importo dato dalla madre non è rilevante, spiega la Cassazione, il giudice può dichiarare che l'acquisto rientri nel regime patrimoniale di cui all'art. 177 c.c.

Quando un genitore aiuta economicamente il figlio sposato per l'acquisto della casa coniugale, le somme elargite rappresentano una "donazione indiretta" che non rientra, di regola, nella comunione legale fra i coniugi. Ma, se l'importo non è così rilevante e non c'è la prova che lo spirito di liberalità fosse stato motivato dall'acquisto dell'immobile, il giudice può dichiarare che l'acquisto rientri nel regime patrimoniale di cui all'art. 177 c.c.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 1630 del 28 gennaio 2015, dando ragione ad una nuora che invocava l'intervento del giudice affinchè dichiarasse che l'immobile coniugale, comprato dopo il matrimonio, fosse da considerarsi ricadente nella comunione legale col marito, anche se acquistato grazie al concorso di denaro della suocera.

D'accordo con quanto affermato dalla Corte d'Appello, la prima sezione civile della S.C. ha affermato, infatti, che se la regola per le donazioni indirette è quella di cui all'art. 179, 1° comma, lett. b), c.c. (secondo il quale i beni acquisiti successivamente al matrimonio

per effetto di donazione non sono attribuiti alla comunione, salvo che non sia specificato nell'atto di liberalità), nel caso di specie, è vero che l'immobile era stato acquistato con l'aiuto della suocera, ma l'aiuto era risultato tutt'altro che decisivo, mentre il resto del costo era stato sostenuto dai coniugi. Inoltre, non essendo stato dimostrato che la donazione della mamma dello sposo fosse finalizzata all'acquisto immobiliare, il regime ex art. 179, 1° comma, lett. b), c.c., non risultava applicabile.

Con buona pace del marito (e della suocera), l'acquisto dunque, ha deciso la Cassazione, deve ritenersi attratto nel regime patrimoniale ex art. 177 c.c., istituto che nasce per tutelare la posizione dei coniugi, attribuendo gli acquisti compiuti durante il matrimonio

al patrimonio comune, cui bisogna dare pertanto lettura più ampia rispetto a quella più restrittiva relativa al regime delineato dall'art. 179 c.c. che sottrae alla comunione i beni personali del coniuge. 


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