Pasquale Acconcia
E-mail: pasquale.acconcia@gmail.com
L'INAIL sta rileggendo vari istituti dell'assicurazione infortuni sul lavoro - i "punti caldi" in definitiva - per fornire un prezioso riscontro amministrativo all'evoluzione del relativo sistema normativo in sintonia con l'evoluzione della coscienza sociale e da ultimo ha messo mano, nuovamente, ai criteri guida per la trattazione dei casi d'infortunio in itinere e degli avverbi con i quali fare i conti. Avverbi - e aggettivi - micidiali non tanto di per sé quanto perché offrono lo spunto per dibattiti interpretativi mai concludenti una volta per tutte, sempre riproponibili con il mutare di presupposti logici o di politica legislativa rispetto a sistemi che, di fatto, sono orientati verso il "diritto pretorio".
Nel caso di specie, così, l'INAIL, accende i riflettori sull'infortunio in itinere e sulle varie sfaccettature dell'aggettivo "necessitato" (circ.62/201: http://www.inail.it/...ucm_161063.pdf) e amplia gli originari confini della tutela affermando l'indennizzabilità di infortuni occorsi durante deviazioni dall'ordinario percorso rese necessaria da esigenze familiari, fra l'altro per accompagnare i figli a scuola. Il riconoscimento è soluzione eccellente non solo nel merito ma soprattutto perché a fronte della granitica non volontà politica di riordinare in modo organico la disciplina assicurativa cresce il rischio che proprio le questioni più delicate restino alla mercé di dibattiti scientifici, di interpretazioni giudiziarie di volte in volta estemporanee (per una questione di scivolamento su matita rinvio al mio……..) lasciando nella perenne incertezza i lavoratori interessati. Costretti, magari, a intraprendere la via giudiziaria, lunga, incerta e. oltretutto, sempre più costosa.
Una scelta eccellente anche se, è ovvio, non risolutiva perché inevitabilmente sposta il dibattito sull'interpretazione delle esigenze familiari, dal comprare medicine indispensabili, ad accompagnare il coniuge "che è di strada", all'acquisto (perché no?) di vettovaglie ecc.. Ed anche se - è notazione solo sociologica - proprio in questi giorni un autorevole istituzione, mi sfugge il nome, invita a non portare i figli a scuola in macchina, ma a piedi o in bicicletta perchè crescano meglio!Resta, però, un aspetto di stridente ingiustizia a conferma che ogni apertura, ogni ampliamento di tutela realizzato in via interpretativa diventa esso stesso fonte di squilibri, d'ingiustizie sostanziali (come, per esempi recenti, la disposizione che estende la tutela per patologie da amianto a familiari di lavoratori che siano esposti all'azione di detta sostanza). Nel caso che stiamo esaminando, così, emerge secondo me la disparità di trattamento con la situazione delle "casalinghe": quelle lavoratrici di cui tutti esaltano la funzione ed il legislatore ha previsto una tutela sociale per gli infortuni sul lavoro ma non l'ha resa automatica (il premio poteva essere ben posto a carico della famiglia datrice di lavoro) e soprattutto l'ha limitata alle attività "manuali" in casa, per le faccende domestiche essenzialmente; non certo per le attività rientranti nella funzione di cura della azienda familiare. Sicché oggi la donna che lavora fuori casa è coperta anche per il rischio attinente alla cura della famiglia (e non della casa familiare); la casalinga, a parità di rischio no. Ma, si badi, questa disparità fa il paio con quella che vede la casalinga full time protetta per gli infortuni domestici legati alla sua professione a tempo pieno, mentre la donna che lavora fuori casa non è coperta per il rischio del lavoro casalingo che pure svolge come altri operatori part time sempre tutelati. Un groviglio inestricabile di affannoso tener dietro alla sensibilità sociale, cercando di non disturbare le assicurazioni private, di contentare molti scontentando tutti.
Su questo punto in generale e per lo specifico tema, rinvio a ripetuti interventi cercando su google con le parole "acconcia assicurazione infortuni delle casalinghe" ove si sottolinea come la via maestra resta un riforma dell'assicurazione infortuni che recepisca l'evoluzione di mezzo secolo dal Testo unico 1124/1965 saldandosi con quella del decreto 81/2008 e consideri in modo adeguato le esigenze di tutte le persone che lavorano, di là dalla percezione o meno di un salario, spesso in nero. Questo, anzi, è un altro elemento critico poiché con l'affannarsi nel sommerso le donne guadagnano poco, perdono in sicurezza e non essere indennizzate per infortuni in deviazione necessitata per portare i figli a scuola.
Pasquale Acconcia
pasquale.acconcia@gmail.com