di Paolo M. Storani - Sappiamo che il momento del perfezionamento delle notificazioni può essere diverso per il notificante e per il destinatario della notifica.
Purtroppo, l'intervento giurisprudenziale non è stato sin qui sistematico.
In sintesi, perché mai potrebbe essere addebitato al notificante l'esito intempestivo di un procedimento notificatorio che sfugge ai poteri di impulso di costui?
E' il noto principio della scissione degli effetti (differente decorrenza degli effetti) della notifica nelle sfere giuridiche di chi dà avvio al processo di notificazione, affidando l'atto all'ufficio notificatore, e di chi riceve(rà) l'atto.
Il problema che si pone è: perché mai circoscrivere il principio di scissione - introdotto nell'ordinamento dalla sentenza n. 477/2002 della Corte Costituzionale - degli effetti della notificazione agli atti con ripercussioni processuali, tralasciando dall'estensione dei benefici gli atti a contenuto sostanziale?
E' razionale un siffatto distinguo?
Questi ultimi, vale a dire gli atti a contenuto sostanziale, risultano ingiustamente penalizzati perché producono efficacia sempre e comunque dal momento in cui pervengono all'indiritto del destinatario.
Sicché per tali atti a nulla rileva il momento in cui siano stati consegnati all'Ufficiale Giudiziario o all'ufficio postale.
Si avrà, quindi, riguardo a quando l'atto sia giunto alla conoscenza (legale, non di necessità effettiva) del destinatario.
Un'ipotesi significativa è la prescrizione dell'azione revocatoria (fallimentare, ma sulla base di valide valutazioni anche per quella ex art. 2901 c.c.) sulla quale si è più volte affermato che la tempestività dell'interruzione dipende, a mente dell'art. 2943 c.c., 1° co., dal frangente in cui l'atto introduttivo del relativo giudizio giunge alla conoscenza legale del destinatario.
Si pensi all'esercizio del diritto di riscatto dell'immobile locato da parte del conduttore, ai sensi dell'art. 39 l. 392/1978.
A nostro sommesso avviso l'orientamento restrittivo della giurisprudenza ha trascurato questo versante o comunque non ha correttamente inquadrato il perimetro vastissimo entro cui si esplica tale penalizzata diversificazione.
Sembrerà una questione di lana caprina (o lunare!) a chi non esercita la professione di avvocato.
In realtà, i riflessi sull'attività forense di tutti i giorni sono potenti.
La casistica offre spunti a iosa.
Uno plateale della perniciosità di tale approccio riduttivistico si realizza in materia di decadenza (Cass. 15671/2011, in ordine all'esercizio del riscatto agrario).
Un altro ancor più imponente riguarda l'estinzione del diritto per prescrizione.
Tengo a porre in risalto che talvolta l'interruzione della prescrizione a mezzo di un atto giudiziario non rappresenta una modalità liberamente scelta dal notificante (il creditore in tal caso), entro un ventaglio di alternative possibilità, ma addirittura l'unica via per l'esercizio del diritto.
Il problema è stato incredibilmente sottovalutato dalla giurisprudenza (del legislatore cerco da tempo di parlare il meno possibile perché abbiamo ormai verificato una miriade di volte in quali approssimative ed incompetenti - clamorosamente incompetenti! - mani siamo).
Grazie alla preziosa opera della Sez. III della Corte di Cassazione con l'ordinanza uscita dalla camera di consiglio tenutasi il 6 novembre 2014 e depositata il 26 gennaio 2015 saranno le Sezioni Unite a dirimere la matassa, se il Primo Presidente recepirà, come mi pare scontato, l'invito ad investirle del problema formulato con il provvedimento n. 1392 a firma del Pres. Alberto Libertino Russo.