Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista
Con riguardo alla domanda di risarcimento danni proposta per mobbing in ambito militare, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario qualora il dipendente faccia valere il comportamento vessatorio di colleghi o superiori quale titolo giustificativo della pretesa, mentre va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui la lesione sia derivante da una violazione del rapporto contrattuale, fondando l'azione proposta su uno specifico inadempimento da parte dell'Amministrazione (Tar Friuli Venezia Giulia 26 maggio 2011 n. 260).
Nel caso di avvenuto accertamento di fatti di mobbing, che si assumono aver cagionato al dipendente rilevanti conseguenze sul piano morale e psicofisico, la responsabilità dell'Amministrazione datrice di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c. ha natura contrattuale se la domanda risarcitoria risulti espressamente fondata sulla inosservanza degli obblighi derivanti dal rapporto d'impiego, con conseguente distribuzione dell'onere della prova sul dipendente ( che deve provare la condotta illecita dell'Amministrazione e il danno patito ) e quest'ultima (che deve dimostrare l'assenza di una colpa a sé riferibile) (Consiglio Stato, sez. VI, 13 aprile 2010 n. 2045).
E' evidente che la lamentela tendente a rimarcare il comportamento vessatorio e persecutorio di un diretto superiore Tenente Colonnello appare inammissibile avanti il Tar, poiché le medesime condotte possono essere esaminate in un ambito di una possibile responsabilità extracontrattuale.
L'esame di una vicenda rimessa al giudice amministrativo può essere ammessa soltanto nella misura in cui si prospettano delle violazioni di precisi obblighi di tutela delle condizioni di lavoro del ricorrente poste a carico dell'Amministrazione intimata quale datore di lavoro pubblico.
In altri termini:
occorre esaminare se si sostenga contestualmente la violazione di doveri legali che regolano il rapporto, deducendo l'inadempimento da parte dell'Amministrazione dei principi di buona fede e correttezza, nonché la violazione dei doveri di imparzialità e buona amministrazione, posta in essere con un comportamento omissivo o commissivo, e facendosi valere la violazione dell'obbligo specifico, di cui all'art. 2087 c.c. del datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica e morale del lavoratore.
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