Nel caso di specie uno dei coniugi procede all'acquisto, dunque al rogito
, di un immobile adibito a prima casa in regime di comunione legale dei beni; veniva quindi revocata metà dell'agevolazione prevista, con conseguente reazione legale degli interessati. Il giudice del merito aveva tuttavia rigettato la domanda affermando la necessità che le dichiarazioni previste dalla legge sarebbero dovute essere state rese da entrambi i coniugi, "e che eventuali omissioni potevano essere integrate mediante atto redatto con le stesse formalità di quello precedente, entro il termine di decadenza".La Suprema ricorda quali siano i requisiti prescritti dal Dpr 131/1986, e cioè che "per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. prima casa occorre che l'acquirente dichiari in seno all'atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare"; e che "la circostanza che l'acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta". Non importa quindi il regime patrimoniale scelto dai coniugi; la dichiarazione deve essere resa da entrambi o, in ogni caso, la dichiarazione del coniuge mancante deve essere integrata a mezzo atto pubblico. Il ricorso è rigettato.
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