Avv. Francesco Pandolfi - cassazionista
E' possibile distinguere con estrema precisione tra "danno da mobbing" e "danno da demansionamento". L'incipit ci viene dato con estrema chiarezza dal Consiglio di Stato il quale, con sentenza del 12.01.2015 (qui sotto allegata), individua i tratti differenziali delle due fattispecie.
Il danno da mobbing si verifica tutte le volte in cui è possibile accertare un intento persecutorio posto in essere dall'Amministrazione nei confronti del dipendente, ossia un disegno preordinato alla vessazione e alla prevaricazione verificabile da parte del Giudice amministrativo anche mediante poteri officiosi.
Nello specifico: "l'accertata esistenza di uno o più atti illegittimi adottati in danno di un lavoratore non permette di per se di affermare l'esistenza del mobbing se il dipendente non allega ulteriori elementi idonei a dimostrare l'esistenza effettiva dell'univoco disegno vessatorio in suo danno".
Il danno da demansionamento, o dequalificazione, non si sovrappone al danno da mobbing ma se ne distingue nettamente.
Tale danno, laddove comprovato in giudizio da dichiarazioni scritte di colleghi e/o altra documentazione a supporto, abilita il dipendente a proporre la domanda risarcitoria ( e ad ottenerne l'accoglimento ) in quanto ben può essere causa di danni morali e professionali indipendentemente dall'esistenza conclamata del mobbing.
Anzi: in tema di dequalificazione ( la fattispecie può avere inizio con un'assegnazione a mansioni inferiori rispetto a quelle contrattualmente pattuite ) il Giudice del merito può desumere l'esistenza del danno avente natura patrimoniale e non patrimoniale ( l'onere di allegazione è sempre posto in capo al lavoratore ) quantificandolo in via equitativa in base agli elementi di fatto inerenti la qualità e quantità dell'esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione.
Appare pertanto intuitivo che, in tutte le ipotesi nelle quali il dipendente percepisca l'esistenza di gravi ripercussioni mobizzanti a suo danno o, più semplicemente, la presenza di un mutamento in peius delle proprie mansioni, dovrà premurarsi di organizzare tutto quel compendio probatorio atto a dimostrare in giudizio l'esistenza dell'una o dell'altra condotta datoriale.
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Vai al testo della Sentenza del Consiglio di Stato del 12 gennaio 2015