La previsione di cui all'articolo 299, comma 4 ter, c.p.p. impone al giudice la nomina del perito solo se sussiste un apprezzabile fumus e cioè se risulti formulata una chiara diagnosi di incompatibilità con il regime carcerario, o comunque si prospetti una situazione patologica tale da non consentire adeguate cure in carcere.
La sussistenza del concreto pericolo di reiterazione dei reati, di cui all'articolo 274 comma primo lett. c) c.p.p, deve essere desunta sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, che dalla personalità dell'imputato, valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti concreti, attraverso una valutazione che, in modo globale, tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati.
È quanto afferma la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 5934 del 10 febbraio 2015 che ha rigettato il ricorso presentato avverso l'ordinanza che aveva respinto l'istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari.
Nel caso in esame, il giudice della cautela aveva disposto l'acquisizione di informazioni presso la casa circondariale in ordine alle condizioni di salute dell'imputato
A far scattare l'obbligo di nominare un perito non basta prospettare una qualsivoglia malattia, ma occorre che venga evidenziata e circostanziata una patologia particolarmente grave, la cui cura non sia compatibile con il regime carcerario, anche nei centri clinici particolarmente attrezzati disponibili all'interno di talune strutture dell'amministrazione penitenziaria. E se non è onere del richiedente provare in maniera esaustiva tale incompatibilità, per contro la richiesta deve contenere degli elementi che consentano al giudice una delibazione circa la ricaduta del caso in esame nella previsione di cui all'articolo 275 comma 4 bis c.p.p.
Per la Corte di Cassazione è inoltre infondato il secondo motivo di ricorso relativo all'incongrua valutazione delle esigenze cautelari anche in relazione alle condizioni di salute dell'imputato. In materia di misure cautelari, il pericolo di reiterazione criminosa va valutato in ragione delle modalità e circostanze del fatto e della personalità dell'imputato. Nel caso di specie, il tribunale territorialmente competente ha motivato in modo più che esauriente il suo provvedimento in ordine alle esigenze cautelari e alla idoneità della misura della custodia in carcere in aderenza ai suddetti principi di diritto laddove, attraverso un percorso logico assolutamente privo di incongruenze o contraddittorietà, ha ampiamente rivalutato il profilo delle esigenze cautelari alla luce dello stato di salute dell'imputato.
Cassazione Penale, sentenza 10 febbraio 2015, n. 5934