In tema di tutela dei marchi e dei brevetti, nel caso di specie la Suprema corte affronta la problematica della classificazione del marchio industriale, logo e lettere caratterizzanti un determinato prodotto o servizio, come "forte" o "debole", con conseguente determinazione della disciplina giuridica applicabile. La questione tuttavia verte anche naturalmente circa l'apprezzamento del grado di confondibilità del marchio incriminato rispetto a quello di riferimento, problematica che la Cassazione conferma essere riservata, in assenza di palesi vizi logici e motivazionali, al giudice del merito.
Il giudice di primo grado ha qualificato il marchio di riferimento come forte, includendo nello stesso, suscettibile di registrazione, non solo il logo ma anche le lettere, "purchè idonei a svolgere una funzione distintiva dei prodotti e dei servizi di un'impresa".
La contraffazione imputabile ai marchi forti, per essere classificata come tale, deve assumere i connotati di "appropriazione dell'identità sostanziale ovvero del nucleo ideologico espressivo che caratterizza l'attitudine individualizzante di quello anteriore". Nel caso in cui il giudice verifichi che sia tranquillamente possibile distinguere i due marchi la tutela del forte si arresta, non potendo la stessa intimarne la sospensione d'uso. Il principio espresso nella sentenza in oggetto è che "non è possibile presumere la confusione per il solo fatto dell'esistenza di un rischio di associazione tra i segni". Qui sotto il testo della sentenza.
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