di Marina Crisafi - Attenzione se si acquista un oggetto dal valore elevato "da un mendicante, da uno zingaro o da un noto pregiudicato" potrebbe trattarsi di "incauto acquisto" perché è probabile che all'origine ci sia un reato. Questo è quanto emergeva in sintesi da un manuale di diritto penale, destinato alla preparazione dell'esame di abilitazione alla professione forense, per spiegare, agli aspiranti avvocati, il reato di cui all'art. 712 del codice penale ("Acquisto di cose di sospetta provenienza").
Un testo che nessuno troverà in libreria perché il Tribunale civile di Roma con sentenza del 16 febbraio scorso, ne ha ordinato il ritiro dal mercato, condannando la casa editrice (Gruppo Simone) per condotta discriminatoria nei confronti delle etnie Rom e Sinta.
La vicenda era stata portata all'attenzione dei giudici romani proprio da una aspirante avvocato di origini rom che alle prese con lo studio del manuale si era imbattuta nel commento all'art. 712 c.p. e sentendosi "lesa nella dignità personale" in quanto appartenente alla comunità criminalizzata, aveva subito invocato l'intervento dell'autorità giudiziaria, supportata dalle associazioni "21 luglio" e Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione).
Il Tribunale ha accolto l'azione civile congiunta contro l'editore, ordinando la cessazione del comportamento discriminatorio e l'immediato ritiro dal mercato della pubblicazione, raccomandando, in caso di successive edizioni, di provvedere all'eliminazione dell'espressione incriminata, condannando la casa editrice al risarcimento dei danni nei confronti della donna rom (quantificati in mille euro) e al pagamento delle spese processuali.
La sentenza
ha ricevuto, ovviamente, il plauso delle associazioni sia per aver smontato l'equazione "zingaro uguale rubare", sia per aver preso atto che lo stesso termine "zingaro", avendo assunto una connotazione negativa oltre che "un preconcetto razziale privo di fondamento", non dovrebbe essere utilizzato, in quanto stigmatizza negativamente le due comunità, provocando pregiudizi notevoli alla vita sociale dei relativi appartenenti, i quali peraltro non vi si identificano. Vai alla sentenza del Tribunale di Roma