Avv. Paolo Accoti
Il 4 marzo 2015 sono stati emanati i primi due decreti attuativi della Legge 10.12.2014, n. 183, sulla Riforma del Lavoro 2015, il cd. Jobs Act.
Si tratta del decreto legislativo n. 22, recante "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati" e del decreto legislativo n. 23, del quel ci occuperemo nel dettaglio, contenente "Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti", pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 2015.
Quando sono entrati in vigore?
Il giorno successivo a quello di pubblicazione nella gazzetta ufficiale, quindi, il 7 marzo 2015.
A quali categorie di lavoratori si applicano?
- A tutti i lavoratori con qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto a tempo indeterminato con decorrenza 7 marzo 2015. Secondo le ultime precisazioni del Ministero del Lavoro rimangono esclusi dal campo di applicazione i pubblici dipendenti.
- Si applicano altresì a quei lavoratori assunti in precedenza con contratto a tempo determinato o apprendistato, nel caso di conversione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, avvenuta con decorrenza dalla suddetta data.
- Ai lavoratori assunti prima di tale data continuerà ad applicarsi la normativa previgente.
Quali sono i datori di lavoro interessati dalle nuove disposizioni?
- Innanzitutto i datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo occupano alle loro dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditori agricoli, nonché i datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, che nell'ambito dello stesso Comune occupano più di quindici dipendenti e all'imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti e, in ogni caso, i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che occupano più di sessanta dipendenti.
- Le aziende che, in virtù di nuove assunzioni a tempo indeterminato avvenute dopo il 7 marzo 2015, raggiungano i requisiti dimensionali sopra visti.
- Le aziende con meno di quindici dipendenti, o meno di cinque se si tratta di imprenditori agricoli, ma limitatamente ai casi di licenziamento manifestamente insussistente e di conciliazione, per i quali, tuttavia, gli importi dovuti a titolo di indennità da licenziamento o a seguito di conciliazione sono ridotti della metà.
- Le nuove regole si applicano vieppiù alle cd. organizzazioni di tendenza, vale a dire a quei datori di lavoro non imprenditori che svolgono, senza fine di lucro, attività politiche, sindacali, culturali, di istruzione, di religione o di culto.
Quale normativa si applica ai dipendenti assunti in precedenza?
Con decorrenza 7.03.2015, vi sarà una sorta di doppio binario: 1) agli assunti anteriormente si applicherà il regime previsto dall'art. 18 L. 300/70 "tutela reale" ovvero dall'art. 8 L. 604/66 "tutela obbligatoria", a seconda del numero dei dipendenti all'attivo del datore di lavoro; 2) per gli assunti successivamente troverà applicazione il nuovo regime delle "tutele crescenti".
Quali sono le agevolazioni previste per le nuove assunzioni?
Quelle contemplate dalla Legge n. 132 del 10.12.2014 e, quindi, l'esonero contributivo per un periodo massimo di tre anni nonché l'applicazione della normativa sulle cd. tutele crescenti, con specifico riferimento ai licenziamenti, introdotta dal D.Lvo 22/2015, in vigore dal 7 marzo 2015.
Sono previsti incentivi alla stabilizzazione dei lavoratori precari?
Si, sostanzialmente gli incentivi previsti per le nuove assunzioni, con alcune differenziazioni in virtù della tipologia di lavoratori da stabilizzare: per la stabilizzazione di lavoratori con contratto a termine, o di coloro in possesso di un contratto di collaborazione coordinata e continuata (co.co.co) ovvero occasionale, gli incentivi saranno identici a quelli previsti per le nuove assunzioni; per i rapporti di apprendistato, invece, solo quelli in materia di licenziamento.
Cosa prevede la nuova normativa in caso di licenziamento illegittimo?
Occorre fare una serie di distinguo con riferimento sia al tipo di licenziamento che al numero di occupati (requisito dimensionale) dal datore di lavoro:
I) Per quanto concerne il licenziamento nullo (quello intimato in costanza di matrimonio; in gravidanza; in violazione delle tutele in materia di congedi parentali; per motivo illecito), quello discriminatorio (quello intimato per motivi di sesso, religione, età, salute, orientamenti politici o sindacali e per le discriminazioni in genere), quello intimato oralmente (inefficace in assenza di forma scritta obbligatoria) nonché per quello nel quale il giudice accerti il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, la nuova normativa, di fatto, non si discosta da quella precedente.
Permane, quindi, in questi casi, a prescindere dal requisito dimensionale dell'azienda, l'obbligo di reintegrazione e il risarcimento del danno commisurato all'ultima retribuzione per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento fino a quello di effettiva reintegrazione. In ogni caso, l'indennità non potrà essere inferiore a cinque mensilità.
Rimane facoltà del lavoratore di chiedere, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione per il calcolo del TFR, non soggetta a contribuzione previdenziale, fatto salvo il diritto al risarcimento del danno;
II) Per quanto attiene i licenziamenti comminati per ragioni attinenti l'attività produttiva e l'organizzazione del lavoro (essenzialmente i cd. licenziamenti economici), per i nuovi assunti, a prescindere dalle dimensioni dell'azienda, è prevista esclusivamente l'indennità risarcitoria.
Questa sarà commisurata all'anzianità di servizio (tutele crescenti), calcolata in due mensilità dell'ultima retribuzione per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro mensilità ed un massimo di ventiquattro mensilità, non assoggettabili a contribuzione previdenziale.
- Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 L. 300/70 (aziende con meno di quindici dipendenti, o meno di cinque se si tratta di imprenditori agricoli), le indennità suddette sono dimezzate e, in ogni caso, non possono superare le sei mensilità;
III) Per i licenziamenti intimati per giusta causa o giustificato motivo, valgono le regole appena viste. Pertanto, si avrà diritto solo all'indennità risarcitoria, commisurata all'anzianità di servizio, calcolata in due mensilità dell'ultima retribuzione per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, con un minimo di quattro mensilità ed un massimo di ventiquattro mensilità, non assoggettabili a contribuzione previdenziale.
- Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 L. 300/70 (aziende con meno di quindici dipendenti, o meno di cinque se si tratta di imprenditori agricoli), le indennità sopra viste sono dimezzate e, in ogni caso, non possono superare le sei mensilità.
III bis) Nel caso di licenziamento intimato per giusta causa o giustificato motivo, qualora (a seguito di giudizio) venga accertata l'insussistenza del fatto contestato (si pensi, ad esempio, al caso di licenziamento disciplinare per furto per il quale, in giudizio, venga escluso qualsiasi coinvolgimento del dipendente), gli scenari possibili sono due e variano in virtù del numero degli occupati dal datore di lavoro.
- Nelle aziende con più di quindici dipendenti nella stessa località ovvero con più di sessanta dipendenti complessivamente, scatta l'obbligo di reintegrazione nonché il vincolo al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento all'effettiva reintegra, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Detta indennità non può essere, comunque, superiore alle dodici mensilità.
Rimane facoltà del lavoratore chiedere, in sostituzione della reintegrazione, il pagamento di un indennizzo pari a quindici mensilità.
- Nel caso in cui datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 L. 300/70 (aziende con meno di quindici dipendenti, o meno di cinque se si tratta di imprenditori agricoli), viene meno l'obbligo di reintegrazione, rimane fermo, al contrario, solo l'obbligo di pagamento dell'indennità risarcitoria.
IV) Nel caso di licenziamenti affetti da vizi formali e procedurali vige esclusivamente l'obbligo di pagamento di una indennità, non soggetta a contribuzione, di importo pari ad una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, per ogni anno di servizio prestato. Indennità che non può essere inferiore a due mensilità né superiore a dodici mensilità.
- Nelle aziende con meno di quindici dipendenti, o meno di cinque se si tratta di imprenditori agricoli, le indennità di cui sopra sono dimezzate e, in ogni caso, non possono superare le sei mensilità.
E' possibile revocare il licenziamento?
Il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro quindici giorni dalla comunicazione allo stesso dell'impugnazione. In tal caso, il rapporto di lavoro s'intende senza soluzione di continuità e il lavoratore avrà diritto alle retribuzioni maturate dal licenziamento sino alla revoca.
Esistono misure alternative al giudizio?
Al fine di evitare il giudizio per l'impugnativa del licenziamento il datore di lavoro, ferma restando la possibilità di ricorrere alle ulteriori forme di conciliazione oggi esistenti, entro i termini previsti per l'impugnativa stragiudiziale del licenziamento (60 giorni), può offrire al lavoratore un importo pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, per ogni anno di servizio. Detto importo non può essere inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità.
L'importo non costituisce reddito imponibile, né è soggetto a contribuzione previdenziale.
Il pagamento deve avvenire per il tramite di assegno circolare e la sua accettazione comporta l'estinzione del rapporto di lavoro sin dalla data del licenziamento nonché la rinuncia all'impugnativa di licenziamento, quand'anche già proposta.
- Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'art. 18 L. 300/70 (aziende con meno di quindici dipendenti, o meno di cinque se si tratta di imprenditori agricoli), le indennità sopra viste sono dimezzate e, in ogni caso, non possono superare le sei mensilità.
Si applica il rito Fornero ai licenziamenti disciplinati dal D.Lvo 22/2015?
Ai licenziamenti disciplinati dal decreto legislativo oggi in commento (D.Lvo n. 23 del 4.03.2015), in virtù dell'art. 11, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 48 e 68 dell'art. 1 L. 28.06.2012, n. 92, cd. rito Fornero.
Pertanto, l'eventuale impugnativa dovrà seguire la via del ricorso ordinario ovvero ricorrendone i presupposti quella del ricorso d'urgenza ex art. 700 cpc, non residuando in subiecta materia margini per l'applicazione della fase cautelare (o abbreviata) introdotta dalla predetta riforma Fornero.
Cosa cambia per chi perde involontariamente il lavoro?
A partire dal 1° maggio 2015, coloro i quali perdono involontariamente il lavoro avranno diritto alla NASpI, la nuova indennità di disoccupazione.
Si applica a tutti i lavoratori (ad eccezione di quelli del pubblico impiego e dell'agricoltura che godono di diversa specifica disciplina) in possesso di almeno tredici settimane contributive nel quadriennio precedente nonché trenta giorni di lavoro nei dodici mesi anteriori alla perdita del posto di lavoro.
La sua misura sarà proporzionale alla retribuzione imponibile previdenziale degli ultimi quattro anni.
Avv. Paolo Accoti
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