di Marina Crisafi - Può rinunciare ai suoi compensi l'avvocato che ha prestato assistenza ad uno sportivo sulla base di un contratto stipulato senza il rispetto delle regole della FIGC e non redatto sui moduli appositamente predisposti.
Lo ha deciso la Cassazione, con sentenza n. 5216 del 17 marzo 2015, dirimendo una vicenda che vedeva protagonisti un calciatore professionista e il suo difensore, il quale, non ricevendo il corrispettivo per l'attività professionale prestata chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo per il recupero delle somme dovute.
Il calciatore però faceva opposizione e le sue istanze venivano accolte sia in primo grado dal tribunale di Udine che in appello dalla corte di Trieste, con la dichiarazione di nullità del contratto di prestazione professionale poiché stipulato senza l'osservanza del regolamento sportivo all'uopo predisposto.
Il difensore adiva dunque la Cassazione per sentir dichiarare fondate le sue ragioni, ovvero che le norme dell'ordinamento sportivo producono effetti soltanto nei rapporti tra gli sportivi e non riguardo a un avvocato che nell'esercizio della sua professione è soggetto soltanto all'ordinamento giuridico statale.
Ma la S.C. è di contrario avviso.
Confermando quanto sancito dalle corti di merito, infatti, i giudici di piazza Cavour hanno affermato che "il contratto di prestazione professionale (assistenza sportiva) può essere stipulato tra il professionista sportivo e un agente iscritto nel relativo albo oppure tra lo sportivo e un iscritto all'albo degli avvocati - ma in ogni caso - il rapporto soggiace pur sempre al regolamento FIGC e l'incarico deve essere dunque, a pena di nullità, redatto sui moduli predisposti dalla Commissione".
Le violazioni delle norme dell'ordinamento sportivo, hanno spiegato infatti i giudici di legittimità, "necessariamente si riflettono sulla validità di un contratto concluso tra soggetti sottoposti alle regole del detto ordinamento anche per l'ordinamento dello Stato, poiché se esse non ne determinano direttamente la nullità per violazione di norme imperative, incidono necessariamente sulla funzionalità del contratto medesimo, vale a dire sulla sua idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico".
Per questi motivi, ha concluso la S.C., rigettando il ricorso del difensore, non può considerarsi idoneo sotto il profilo della meritevolezza della tutela dell'interesse perseguito dai contraenti "un contratto posto in essere in frode alle regole dell'ordinamento sportivo, e senza l'osservanza delle prescrizioni formali all'uopo richieste e come tale inidoneo ad attuare la sua funzione proprio in quell'ordinamento sportivo nel quale detta funzione deve esplicarsi".