Avv. Gabriele Mercanti
Densa di principi giuridici è la Sentenza della seconda sezione Civile della Corte di Cassazione n.3819 depositata in data 25 febbraio 2015 che si pronuncia sull'interpretazione (e - conseguentemente - sulla validità) di una scrittura privata sottoscritta fra una madre ed i cinque figli il lontano 4 agosto 1968 con la quale, in estrema sintesi (1), da un lato venivano effettuate dalla madre e dai quattro figli alcune rinunce alle rispettive quote di comproprietà immobiliari a favore dell'altro figlio / fratello e dall'altro il medesimo figlio / fratello si impegnava a rinunciare a favore dei fratelli ai diritti di comproprietà che gli sarebbero potuti successoriamente derivare su altri cespiti. Non paghi dell'assetto proprietario come sopra "artigianalmente" assemblato, i quattro comproprietari fratelli effettuavano - sempre per scrittura privata - la divisione del bene oggetto della rinuncia a loro favore mediante apporzionamento di singoli corpi di fabbrica del medesimo.
La legittimità formale (per asserita carenza dell'atto pubblico ad substantiam previsto ex art. 782 c.c. per la donazione) e sostanziale (per asserita violazione del divieto ex art. 458 c.c. del patto successorio, nello specifico, rinunziativo) della famigerata scrittura privata del 4 agosto 1968 veniva eccepita da un terzo soggetto, che avendo nel frattempo ottenuto a suo favore una sentenza di maturata usucapione dell'intero cespite oggetto dell'accordo divisionale, si vedeva convenuto in giudizio dai fratelli che si reclamavano proprietari delle singole porzioni immobiliari per effetto del combinato disposto negoziale sopra descritto. (2)
Dopo un duplice verdetto di merito a favore dei fratelli (3), i Giudici del Palazzaccio venivano chiamati a pronunciarsi su due questioni: a) se la rinuncia alla quota di comproprietà - ovviamente ove ritenuta in linea di principio valida - fosse soggetta alla forma dell'atto pubblico (4); b) se l'eventuale nullità della clausola contrattuale portante una violazione del divieto del patto successorio avesse ipso iure determinato la nullità dell'intero contratto.
Quanto alla prima questione: gli Ermellini non esitano a qualificare la fattispecie in questione come donazione indiretta (5), in quanto si è "di fronte ad una rinuncia abdicativa alla quota di comproprietà perché l'acquisto del vantaggio accrescitivo da parte degli altri comunisti si verifica solo in modo indiretto attraverso l'eliminazione dello stato di compressione in cui l'interesse degli altri contitolari si trovava a causa dell'appartenenza del diritto in comunione anche ad altro soggetto".
Dalla qualificazione giuridica di cui sopra ne deriva l'ineluttabile corollario della non necessarietà, ai fini della validità della rinuncia, dell'atto pubblico ricevuto da Notaio alla presenza di due testimoni.
Quanto alla seconda questione: i Giudici del S.C. - pur bollando di nullità per violazione del divieto ex art. 458 c.c. la clausola della scrittura privata contenente l'impegno alla futura rinuncia - sposano la c.d. tesi oggettiva per stabilire se la nullità del singolo patto si possa propagare o meno all'intero contratto (6). Stabiliscono, infatti, che l'estensione della nullità si abbia solo quando "la clausola o il patto nullo si riferiscano ad un elemento essenziale del negozio oppure si trovino con altre pattuizioni in tale rapporto di interdipendenza che queste non possano sussistere in modo autonomo".
Piccola chiosa da parte di chi scrive: dalla vicenda in commento non traspare cenno alcuno all'eventuale trascrizione dei titoli (scrittura privata di rinuncia, scrittura privata di divisione, provvedimento di declarata usucapione) presso la Conservatoria (oggi Agenzia del Territorio - Servizi di pubblicità immobiliare), dovendosene logicamente dedurre la totale assenza. La sentenza in commento, pertanto, fonda il suo percorso argomentativo sul diritto "puro" senza le interferenze del regime dichiarativo e/o di opponibilità ai terzi della trascrizione.
Avv. Gabriele Mercanti - Foro di Brescia - avv.gabrielemercanti@gmail.com
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(1) La vicenda fattuale / documentale alla base della pronuncia qui in commento è davvero intricata da cui ci si permette di rinviare al testo del dispositivo per maggiori dettagli.
(2) Nello specifico i fratelli avevano agito per far giudizialmente accertare l'autenticità delle sottoscrizioni apposte alla scrittura privata del 4 agosto 1968 e, per l'effetto, ottenere titolo di accertamento della proprietà esclusiva delle singole porzioni immobiliari.
(3) Cfr. Tribunale di Rieti n. 46/2003 e C.d.A. di Roma n. 656/2009.
(4) La rinuncia alla quota di comproprietà è argomento classico nello studio dei diritti reali e, pur sussistendo nel nostro Ordinamento esclusivamente una mera disciplina settoriale (cfr. in tal senso artt. 882 e 1104 c.c), si ritiene tendenzialmente valida (cfr. Cass. n. 3.931/1978). L'argomento, da sempre di notevole spessore teorico, ha iniziato con la "crisi del mattone" a rivestire anche un certo interesse pratico, in quanto et l'indegno carico fiscale gravante i cespiti immobiliari et la depressione del settore che ne rende a volte di fatto impossibile la commerciabilità, possono - paradossalmente - indurre l'esasperato comproprietario a volersi disfare del bene. Per una compiuta disamina dei profili tecnico - giuridici della fattispecie cfr. Studio CNN n. 216 - 2014/C "La rinunzia alla proprietà ed ai diritti reali di godimento".
(5) Per donazioni indirette si intendono, ex art. 809 c.c., "le liberalità che risultano da atti diversi da quelli previsti dall'art. 769".
(6) Come noto la formulazione lessicale dell'art. 1419 c.c., affermando che la nullità della clausola si estende all'intero contratto "se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte", lascia adito ad interpretazioni contrastanti: la giurisprudenza più risalente sosteneva che dovesse effettuarsi un'analisi di tipo soggettivo volta ad indagare la sola volontà delle parti (cfr. Cass. n. 420/1974), mentre la tesi più recente - confermata dalla sentenza in commento - avalla una più ampia ricostruzione oggettiva volta a stabilire l'utilità concreta per le parti al mantenimento di un contratto ancorchè amputato della clausola nulla (cfr. Cass. n. 11.673/2007).
Cassazione Civile, testo sentenza n.3819/2015