di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza n. 5926 del 25 Marzo 2015.
Nel caso di specie l'interessato, immigrato privo di documenti di riconoscimento, recuperato in mare da un mezzo della Marina militare, impugna il decreto di trattenimento in centro di identificazione ed espulsione lamentando di essere stato immediatamente respinto senza che gli fossero fornite informazioni relative alla procedura di riconoscimento di protezione internazionale.
La Suprema corte accoglie il ricorso confermando che, sebbene nel nostro ordinamento non esista un obbligo formale a provvedere, tale necessità è ricavabile in via interpretativa dal combinato disposto di normativa nazionale ed europea in materia migratoria (nella specie, direttiva 2013/32/UE del 26 Giugno 2013).
Tale obbligo è sancito altresì dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. In definitiva "non può tuttavia continuare ad escludersi che il medesimo dovere sia necessariamente enucleabile in via interpretativa facendo applicazione di regole ermeneutiche pacificamente riconosciute, quali quelle dell'interpretazione conforme alle direttive europee in corso di recepimento e dell'interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto delle norme interposte della CEDU, come a loro volta interpretate dalla giurisprudenza dell'apposita corte sovranazionale". La presentazione di eventuale domanda di protezione internazionale impedirebbe di fatto al respingimento di operare.
Il principio di diritto enunciato è il seguente: "qualora vi siano indicazioni che cittadini stranieri o apolidi, presenti ai valichi di frontiera in ingresso nel territorio nazionale, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, le autorità competenti hanno il dovere di fornire loro informazioni sulla possibilità di farlo, garantendo altresì servizi di interpretariato nella misura necessaria per favorire l'accesso alla procedura di asilo, a pena di nullità dei conseguenti decreti di respingimento e trattenimento".
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