Avv. Francesco Pandolfi
In una recente pronuncia il Consiglio di Stato si è occupato di una procedura espropriativa riguardante la realizzazione dei lavori di costruzione di una variante stradale, in relazione ad un tratto ricadente in un Comune che ha coinvolto una serie di terreni di proprietà privata.
Si tratta della sentenza n. 1671 del 31.03.2015.
L'insieme delle complesse questioni affrontate nel lungo iter processuale, possono essere utilmente riassunte con una schematizzazione, tale da consentire l'apprezzamento dei principi posti a base della decisione.
MANCATO INVIO DELLA COMUNICAZIONE DI AVVIO DEL PROCEDIMENTO
La prima questione affrontata e risolta riguarda la violazione degli artt. 7 e seguenti della legge n. 241/90 per mancato invio agli interessati della comunicazione di avvio del procedimento relativamente al provvedimento di approvazione del progetto dei lavori in questione, anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'opera.
La giurisprudenza ha infatti affermato che nel caso in cui si provveda ad approvare il progetto di un'opera pubblica alla quale è riconnessa, anche per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera stessa, si rende necessaria la comunicazione di avvio del procedimento prevista dall' art. 7 della legge n. 241 dell'8 agosto 1990 (Cons. Stato sez. V 3/5/2012 n.253; Cons Stato Sez. IV 11/4/2007 n.1668; idem 29/5/2009 n. 3364 e 14/12/2002 n. 6917) .
Nel caso de quo il provvedimento che approva il progetto stradale ai fini della dichiarazione di p.u. non risulta essere stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in modo tale che la mancata osservanza dell'obbligo sancito dalla norma rende invalido l'iter procedurale posto in essere dall'Amministrazione.
MANCATO INVIO AL PROPRIETARIO DELL'AVVISO CON LA DATA DI IMMISSIONE IN POSSESSO
La seconda questione riguarda l'avvenuta violazione dell'obbligo sancito dall'art. 3 comma 4 Legge n. 1/78, circa gli adempimenti che deve porre in essere l'Amministrazione per l'immissione in possesso degli immobili oggetto della procedura espropriativa.
La norma in questione prevede obbligatoriamente che l'Amministrazione procedente comunichi al proprietario del terreno interessato dalla procedura espropriativa l'avviso in ordine alla data di immissione in possesso con l'invito ai titolari del bene immobile da occuparsi a presenziare alla relativa operazione (nel caso di specie il decreto prefettizio è stato inviato addirittura al proprietario di un fondo confinante con quello oggetto di occupazione).
ECCESSIVE PROROGHE DELLA PROCEDURA
E' contrario ad ogni regola di buona amministrazione mantenere una procedura espropriativa di aree già fatte oggetto di occupazione e di attività che ne hanno stravolto l'assetto oltre il termine già fissato per la chiusura della procedura, allorchè in particolare sia stato oltremodo superato il termine di una prima proroga che pure appare plausibile in presenza di ragioni di forza maggiore che impongono di prolungare il compimento della procedura.
Se accade che l'Amministrazione dispone più proroghe, "la proroga della proroga" (come nella specie avvenuto) non è concepibile in relazione alla regola secondo la quale l'opera pubblica deve essere eseguita in un arco temporale valutato congruo, così come limitato nel tempo deve essere il potere dell'amministrazione di mantenere in una posizione di soggezione i beni espropriabili (Cons. Stato Se. IV 19 gennaio 2000 n.248).
Procrastinare per ben tre volte lavori già prorogati una prima volta, significa infrangere il principio di certezza dei tempi cui l'azione amministrativa in tema di acquisizione coattiva dei beni dei privati alla mano pubblica deve attenersi.
In definitiva, è agevole dedurre che l'azione della P.A. deve essere sempre improntata al rispetto di canoni di ragionevolezza in ossequio a precise norme poste a tutela di chi soggiace alla procedura espropriativa.
Per contattare l'avv. Francesco Pandolfi:
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Consiglio di Stato, testo sentenza n. 1671 del 31.03.2015.