Secondo la Corte è sempre possibile per il contribuente dimostrare di avere dei risparmi o di aver disinvestito denaro

La Cassazione ha detto stop all'uso troppo disinvolto del redditometro da parte del fisco. E con la sentenza n.7339 del 10 aprile 2015 (qui sotto allegata) ha respinto un ricorso dell'Agenzia delle Entrate affermando che è nullo l'accertamento sintetico che si basa su un rilievo che al coniuge di un contribuente che dichiara troppo poco, sono stati intestati immobili e auto di lusso.


Secondo la Cassazione, il contribuente può superare la presunzione con cui gli si attribuisce un maggior reddito per il fatto di aver speso molto, semplicemente dimostrando di avere dei risparmi o di aver disinvestito del denaro.


Del resto l'accertamento sintetico consente al fisco di determinare in base a determinati elementi di fatto quello che potrebbe essere il reddito complessivo netto nel del contribuente ma deve pur sempre riconoscersi l'ammissibilità di una prova contraria diretta a dimostrare la compatibilità tra il tenore di vita e il reddito dichiarato.


Come spiega la Corte, va considerato che "i destinatari dell'accertamento sintetico sono - per definizione - soggetti non obbligati alla tenuta delle scritture contabili, sicché ad essi non si può estendere la logica che presiede agli accertamenti fondati sui riscontri con i conti correnti bancari (tante operazioni, altrettanti riscontri documentali ci devono essere circa la provenienza o la destinazione) e non li si può gravare di fornire la puntuale dimostrazione della correlazione causale tra il loro tenore di vita e la disponibilità di risorse prive di rilevanza fiscale".

Cassazione testo sentenza 7339 del 10 aprile 2015

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