Nello specifico, il medico in questione, abusando della propria autorità, attraverso una serie di azioni consecutive facenti parte di un preciso disegno criminoso, costringeva alcune pazienti a subire atti sessuali, approfittando, in determinati casi, anche della loro inferiorità psichica e fisica al momento del fatto.
Essendo l'imputato un medico specialista in pneumologia operante, in tale qualità, presso un ospedale, l'esercizio delle sue funzioni è qualificato come pubblico servizio.
Infatti, secondo quanto sottolineato dalla Suprema Corte, il rapporto che viene ad instaurarsi tra medico e paziente è di natura pubblicistica allorché il paziente si rivolge al medico non per ragioni inerenti alla sua professionalità, ma in quanto egli presta la propria attività in una struttura ospedaliera facente parte del sistema sanitario.
In virtù di ciò, il reato di violenza sessuale commesso da un medico ospedaliero ai danni di una paziente all'interno di una struttura sanitaria è procedibile d'ufficio.
Non assume rilevanza il fatto che il professionista, per il rapporto di fiducia creatosi con la paziente, abbia fissato le varie visite senza seguire l'iter burocratico previsto per l'accettazione: tale circostanza, infatti, non influisce sulla natura pubblicistica del rapporto.