di Marina Crisafi - Entrata in vigore da pochissimi giorni (il 2 aprile scorso), la legge sulla tenuità del fatto (d.lgs. n. 28/2015) è già stata oggetto di interesse da parte della giurisprudenza di legittimità.
Chiamata a pronunciarsi sull'applicabilità del nuovo art. 131-bis del codice penale in un processo relativo alla costituzione di un trust finalizzato ad evadere il pagamento delle imposte, la Cassazione, nella sentenza n. 15449 depositata il 15 aprile 2015, ha colto l'occasione per affermare che, in assenza di una specifica disciplina transitoria, la non punibilità per particolare tenuità del fatto è retroattiva e va applicata anche ai procedimenti in corso.
La norma, infatti, per il Palazzaccio, ha una natura sostanziale, il che ne rende possibile l'applicabilità retroattiva trattandosi di una disposizione più favorevole che introduce una nuova causa di non punibilità nell'ordinamento penale.
È legittima, inoltre, la richiesta di applicazione dell'istituto in Cassazione, ha aggiunto la S.C., visto che, data la recente novella legislativa, ciò non era stato possibile nel merito e il giudice di legittimità, valutando in astratto la sussistenza dei presupposti della tenuità del fatto, laddove dovesse pervenire ad una valutazione positiva procederà annullando la sentenza impugnata e rinviando al giudice di merito per far dichiarare la non punibilità.
Fatta questa doverosa premessa, tuttavia, la Corte nel caso di specie ha ritenuto di escludere l'applicazione della tenuità del fatto, respingendo il ricorso dell'imputato. Lo stesso, infatti, era stato condannato per il reato di sottrazione fraudolenta nei confronti del fisco, in quanto, nella veste di liquidatore di una Sas, aveva costituito un trust avente la sola finalità di evadere le imposte per un importo di quasi 470mila euro.
Se, pertanto, sotto il profilo del limite della pena, le condizioni richieste dalla norma (reati con sanzione fino a 5 anni o pena pecuniaria sola o aggiuntiva sempre nel limite dei 5 anni) erano rispettate visto che il reato (disciplinato dall'art. 11 del d.lgs. n. 74/2000) stabilisce una forbice sanzionatoria da 6 mesi a 4 anni, non altrettanto poteva dirsi per l'altra condizione richiesta dalla norma: la particolare tenuità dell'offesa. Da quanto emerso, infatti, dalla decisione della corte di merito che aveva irrogato una pena superiore al minimo e non reiterato i benefici di legge, ha concluso la Cassazione, la condotta dell'imputato non poteva certo essere ritenuta di modesta offensività, tale da poter essere archiviata.