Troppo spesso, con il pretesto che la consulenza tecnica d'ufficio non è da considerarsi un mezzo di prova taluni magistrati trattengono la causa a sentenza senza aver ammesso la c.t.u. e senza tenere conto del fatto che, in certi casi, può diventare estremamente complesso per la parte che vuol far valere un suo diritto in giudizio dimostrare il fondamento delle proprie ragioni.
La Cassazione fa ora chiarezza sul punto: in alcuni casi (come quando si tratta di controversie in materia di responsabilità medica), il giudice non può negare una richiesta risarcitoria senza aver prima disposto una consulenza tecnica d'ufficio.
Anche se di norma la consulenza tecnica d'ufficio non è un mezzo di prova, lo diventa se la prova del danno è impossibile o estremamente difficile da fornire con i mezzi ordinari.
Nel caso preso in esame dai giudici della Suprema Corte, gli eredi di una paziente (che era deceduta perché il suo medico non aveva diagnosticato in tempo un cancro), si erano visti respingere la richiesta di risarcimento danni perché non provata. Peccato però che i magistrati non avessero voluto dare ingresso a una c.t.u. che pur era stata richiesta e che avrebbe invece consentito di dimostrare il danno.
La Cassazione con la sentenza 9245/2015 del 7 maggio (qui sotto allegata) ha accolto il ricorso degli eredi evidenziando che la Corte d'Appello è incorsa in errore laddove ha affermato che sarebbe stato onere delle parti attrici indicare il grado e il tempo della lesione subita.
La Corte fa notare che la quantificazione del danno può essere utile ma non certo indispensabile perché sia valido un atto di citazione
. Ma una vera e propria tirata d'orecchie per i giudici di merito arriva dalla Suprema Corte per il fatto che i magistrati non hanno tenuto conto del fatto che quando si ritiene generica una domanda di risarcimento del danno non la si può solo per questo respingere ma si deve applicare il disposto di cui all'articolo 164 del codice di procedura civile e quindi fissare un termine per integrare la domanda.E poi il giudice non può imputare alla parte di non aver assolto all'onere della prova se poi è lui stesso ad aver negato la prova offerta.
Insomma la sentenza è cassata e il giudizio è da rifare.
Cassazione Civile, testo sentenza 9245/2015