di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. 9799 del 13 Maggio 2015.
Il caso di specie concerne la condanna, subita in primo e in secondo grado di giudizio, di un Policlinico per aver mantenuto una condotta antisindacale nei confronti dei dipendenti, di fatto impedendo che gli stessi potessero svolgere regolarmente tale attività.
I comportamenti, qualificati dal giudice di merito come antisindacali, tenuti dal Policlinico nei confronti dei dipendenti tutti (mancata previsione di monetizzazione dei riposi compensativi ed errata collocazione di seconda bacheca per affissioni di avvisi sindacali) e in particolare dei due dipendenti a capo del sindacato (mutamento di mansioni e ingiustificato impedimento all'accesso dei locali di lavoro) sono stati ritenuti tali non da un loro esame distinto e isolato ma attraverso una valutazione complessiva di tutti gli elementi del caso. Tale valutazione, se congruamente motivata, attiene sicuramente il merito e non può essere di conseguenza sindacata in sede di legittimità. La portata intimidatoria, vessatoria e durevole nel tempo non può che essere qualificata come antisindacale.
Inoltre, altro profilo esaminato dalla Corte attiene il piano strettamente processuale; in punto di ammissibilità probatoria essa enuncia il seguente principio di diritto: "il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per Cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l'omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con il giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento". Il ricorso proposto dal datore di lavoro è respinto.
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