di Marina Crisafi - Anche se il curatore dell'inabilitato è un avvocato, la sostanza non cambia: è il giudice a decidere se e quanto riconoscere a titolo di equa indennità per un ufficio che nasce come gratis et amore dei.
Così la Cassazione (sentenza n. 9816 depositata ieri) ha respinto il ricorso di un legale che chiedeva la liquidazione della parcella secondo le tariffe forensi per le prestazioni professionali svolte a favore di un soggetto inabilitato.
Il legale, vedendo riconosciute dal giudice tutelare 30mila euro in luogo dei 67mila richiesti, a seguito dell'inammissibilità del reclamo da parte del tribunale, si era rivolto alla Suprema Corte per sentir affermare il proprio diritto alla remunerazione richiesta sulla base dei parametri forensi, considerato che, in ragione della propria qualifica professionale le prestazioni giudiziali e stragiudiziali dovevano essere pagate secondo il tariffario professionale di pertinenza e separatamente da quelle non professionali e considerate altresì la rilevanza del patrimonio dell'inabilitato e la complessità della gestione dello stesso.
Ma la Cassazione risponde picche.
Non solo, infatti, va esclusa una remunerazione separata delle prestazioni sulla base dei parametri forensi perché l'incarico è sostanzialmente gratuito e il curatore si limita a sostenere l'incapace, integrandone la volontà, ma non esiste nessun diritto in capo allo stesso di ricevere l'indennità richiesta, la quale è rimessa alla discrezionalità del giudice, nell'an e nel quantum, data la sostanziale gratuità dell'ufficio di curatore.
È vero, ha ammesso la Cassazione che il codice civile sancisce la possibilità di liquidare un equo compenso in ragione delle difficoltà dell'amministrazione del patrimonio e dell'entità dello stesso, ma unicamente per il tutore e non per il curatore dell'inabilitato.
A quest'ultima figura, infatti, non si applicano le disposizioni di cui all'art. 379 c.c. che valgono solo per l'ufficio tutelare, ma, come previsto dall'art. 424 c.c., le diverse norme per la curatela dei minori emancipati, per la quale non è prevista alcuna indennità di sorta.
Il motivo, ha spiegato piazza Cavour, deriva proprio dalla diversità tra i due istituti di protezione, posto che "il curatore, a differenza del tutore, non rappresenta né si sostituisce all'incapace ma si limita a sostenerlo integrandone la volontà, in modo da dare vita all'esterno ad una manifestazione unitaria".
E anche se lo sforzo profuso dall'avvocato nello svolgimento dell'ufficio di curatore è notevole, ciò non basta a far nascere il diritto ad una remunerazione che può spettare soltanto per contratto e non ex lege.
Per cui, in definitiva, all'avvocato non resta che "accontentarsi" dei 30mila euro riconosciuti dal giudice tutelare.