È quanto afferma la Corte di Cassazione con la recente sentenza numero 9633/2015, incentrata su una duplice considerazione: il diritto a trasferirsi è un diritto fondamentale costituzionalmente garantito e nessuna norma impone di privare il coniuge che intenda trasferirsi, per questo solo fatto, dell'affido o del collocamento dei figli presso di sé.
Un insegnante di Rossano, appresa la decisione della ex moglie di richiedere un cambio della sede di lavoro e di trasferirsi a Lecce con le due figlie di nove e cinque anni, si era rivolto al giudice di primo grado per chiedere la collocazione presso di sé delle bambine che avrebbero subito un trauma a causa dell'allontanamento dalla città in cui risiedeva il padre.
Il Tribunale di Castrovillari accolse il reclamo e collocò le minori presso il padre, disciplinando il diritto di visita della madre e ponendole l'obbligo di un assegno mensile di mille euro per il mantenimento delle figlie. Su istanza della ex moglie, la Corte di Appello ricolloco' le figlie da lei sostenendo che era suo diritto trasferirsi e che era interesse preminente quello delle bambine alla presenza e vicinanza costante e durevole della figura materna. Inoltre, data la particolare duttilità e capacità di adattamento dei bambini alla novità, le piccole si sarebbero presto ambientate nella nuova realtà pugliese.
Respingendo il ricorso del marito separato, la Suprema Corte afferma il principio di diritto secondo cui l'affidamento condiviso non preclude il trasferimento del coniuge dovendo il giudice di legittimità limitarsi a valutare se sia più funzionale al preminente interesse dei minori il collocamento presso l'uno o l'altro genitore.