Il nesso di causalità - La prova liberatoria - Lo scontro tra veicoli - La responsabilità solidale di proprietario e conducente - I vizi del veicolo
Avv. Laura Bazzan
La responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli è prevista e disciplinata dall'art. 2054 c.c., a mente del quale, il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è tenuto al risarcimento del danno causato a persone o cose causato dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Si tratta di una fattispecie che dottrina e giurisprudenza hanno variamente ricondotto talvolta alla colpa civilisticamente presunta, talaltra alla responsabilità oggettiva.
Il risarcimento riconosciuto al danneggiato non può prescindere dal positivo accertamento della sussistenza del nesso causale tra l'atto posto in essere dal conducente del veicolo e l'evento dannoso. In altre parole, il danno verificatosi deve essere conseguenza immediata e diretta della condotta dell'agente e il risarcimento va escluso ogniqualvolta si riscontri che lo stesso danno si sarebbe verificato ugualmente pure in assenza della condotta necessitata.
La prova "di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno", atta ad evitare la responsabilità del conducente, è una prova di particolare difficoltà. Tale prova, tuttavia, non deve necessariamente essere fornita in modo diretto, dimostrando cioè di aver tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice stradale, ma può risultare anche dall'accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente attese le concrete circostanze e della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza (cfr. Cass. civ., 3 agosto 2005, n. 16244). In applicazione di tale criterio, ad esempio, la responsabilità del conducente è stata in parte limitata o del tutto esclusa quando l'investimento di un pedone si sia verificato a causa della condotta imprevedibile ed anormale tenuta dallo stesso pedone.
La presunzione di corresponsabilità tra conducenti contemplata dall'art. 2054 c. 2 c.c. è destinata a trovare applicazione unicamente in caso di scontro tra veicoli, ovvero di qualsiasi urto tra due o più veicoli entrambi in marcia oppure tra uno in moto ed uno fermo. Tale presunzione, più precisamente, opera nelle ipotesi in cui non sia possibile stabilire il rispettivo grado di colpa di ciascun conducente ovvero quando non sia possibile determinare la sequenza causale del sinistro. Di conseguenza, "l'accertamento della colpa, sia pure grave di uno dei conducenti, non esonera l'altro dall'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare l'evento, al fine di escludere il concorso di colpa a suo carico" (Cass. civ., 9 gennaio 2007, n. 195). Nel caso di tamponamenti a catena tra veicoli in movimento, l'art. 2054 c. 2 si applica ai veicoli intermedi, con conseguente concorso di colpa dei conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato) sulla base dell'inosservanza della distanza di sicurezza tra vetture, con esclusione del primo e dell'ultimo veicolo della colonna. Nel diverso caso di tamponamenti a catena tra veicoli fermi, invece, si applica l'art. 2054 c. 1 e la responsabilità di tutti i tamponamenti precedenti viene attribuita all'ultimo veicolo della colonna, l'unico ad essere in movimento al momento del sinistro.
Il proprietario del veicolo (o, in sua vece l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio) risponde, ai sensi dell'art. 2054 c. 3 c.c., in solido con il conducente se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. La prova liberatoria, pertanto, non è assolta con la mera dimostrazione che la circolazione sia avvenuta senza il consenso del proprietario, essendo piuttosto necessario che la circolazione sia avvenuta prohibente domino, ovvero nonostante il concreto ed idoneo comportamento ostativo posto in essere dal proprietario, atto a vietare ed impedire la circolazione stessa. Soltanto la fattiva adozione di cautele e misure idonee ad ostacolare l'impossessamento e l'utilizzazione del veicolo per la circolazione di terzi, familiari, dipendenti o malfattori, invero, è idonea ad escludere la responsabilità del proprietario. Il risarcimento può essere richiesto dal danneggiato indifferentemente al proprietario, al conducente, o ad entrambi.
Il proprietario del veicolo (o, in sua vece l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio) è ritenuto responsabile unitamente al conducente anche dei danni derivanti da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo ex art. 2054 c. 4 c.c. Si tratta di una responsabilità concorrente con quella del costruttore secondo il canone generale di cui all'art. 2043 c.c. che determina, a tutti gli effetti, un'ipotesi di responsabilità solidale ai sensi dell'art. 2055 c.c.; colui che ha provveduto al risarcimento del danno può esercitare l'azione di regresso nei confronti dei condebitori in misura proporzionale alla gravità della rispettiva colpa e delle conseguenze derivate, con la precisazione che, nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
La responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli è prevista e disciplinata dall'art. 2054 c.c., a mente del quale, il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è tenuto al risarcimento del danno causato a persone o cose causato dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Si tratta di una fattispecie che dottrina e giurisprudenza hanno variamente ricondotto talvolta alla colpa civilisticamente presunta, talaltra alla responsabilità oggettiva.
Il nesso di causalità
Il risarcimento riconosciuto al danneggiato non può prescindere dal positivo accertamento della sussistenza del nesso causale tra l'atto posto in essere dal conducente del veicolo e l'evento dannoso. In altre parole, il danno verificatosi deve essere conseguenza immediata e diretta della condotta dell'agente e il risarcimento va escluso ogniqualvolta si riscontri che lo stesso danno si sarebbe verificato ugualmente pure in assenza della condotta necessitata.
La prova liberatoria
La prova "di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno", atta ad evitare la responsabilità del conducente, è una prova di particolare difficoltà. Tale prova, tuttavia, non deve necessariamente essere fornita in modo diretto, dimostrando cioè di aver tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice stradale, ma può risultare anche dall'accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente attese le concrete circostanze e della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza (cfr. Cass. civ., 3 agosto 2005, n. 16244). In applicazione di tale criterio, ad esempio, la responsabilità del conducente è stata in parte limitata o del tutto esclusa quando l'investimento di un pedone si sia verificato a causa della condotta imprevedibile ed anormale tenuta dallo stesso pedone.
Lo scontro tra veicoli
La presunzione di corresponsabilità tra conducenti contemplata dall'art. 2054 c. 2 c.c. è destinata a trovare applicazione unicamente in caso di scontro tra veicoli, ovvero di qualsiasi urto tra due o più veicoli entrambi in marcia oppure tra uno in moto ed uno fermo. Tale presunzione, più precisamente, opera nelle ipotesi in cui non sia possibile stabilire il rispettivo grado di colpa di ciascun conducente ovvero quando non sia possibile determinare la sequenza causale del sinistro. Di conseguenza, "l'accertamento della colpa, sia pure grave di uno dei conducenti, non esonera l'altro dall'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare l'evento, al fine di escludere il concorso di colpa a suo carico" (Cass. civ., 9 gennaio 2007, n. 195). Nel caso di tamponamenti a catena tra veicoli in movimento, l'art. 2054 c. 2 si applica ai veicoli intermedi, con conseguente concorso di colpa dei conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato) sulla base dell'inosservanza della distanza di sicurezza tra vetture, con esclusione del primo e dell'ultimo veicolo della colonna. Nel diverso caso di tamponamenti a catena tra veicoli fermi, invece, si applica l'art. 2054 c. 1 e la responsabilità di tutti i tamponamenti precedenti viene attribuita all'ultimo veicolo della colonna, l'unico ad essere in movimento al momento del sinistro.
La responsabilità solidale di proprietario e conducente
Il proprietario del veicolo (o, in sua vece l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio) risponde, ai sensi dell'art. 2054 c. 3 c.c., in solido con il conducente se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. La prova liberatoria, pertanto, non è assolta con la mera dimostrazione che la circolazione sia avvenuta senza il consenso del proprietario, essendo piuttosto necessario che la circolazione sia avvenuta prohibente domino, ovvero nonostante il concreto ed idoneo comportamento ostativo posto in essere dal proprietario, atto a vietare ed impedire la circolazione stessa. Soltanto la fattiva adozione di cautele e misure idonee ad ostacolare l'impossessamento e l'utilizzazione del veicolo per la circolazione di terzi, familiari, dipendenti o malfattori, invero, è idonea ad escludere la responsabilità del proprietario. Il risarcimento può essere richiesto dal danneggiato indifferentemente al proprietario, al conducente, o ad entrambi.
I vizi del veicolo
Il proprietario del veicolo (o, in sua vece l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio) è ritenuto responsabile unitamente al conducente anche dei danni derivanti da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo ex art. 2054 c. 4 c.c. Si tratta di una responsabilità concorrente con quella del costruttore secondo il canone generale di cui all'art. 2043 c.c. che determina, a tutti gli effetti, un'ipotesi di responsabilità solidale ai sensi dell'art. 2055 c.c.; colui che ha provveduto al risarcimento del danno può esercitare l'azione di regresso nei confronti dei condebitori in misura proporzionale alla gravità della rispettiva colpa e delle conseguenze derivate, con la precisazione che, nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
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