di Marina Crisafi - Fino a 5 anni di reclusione per le società non quotate e 8 anni per le quotate. Queste le pene massime edittali per il falso in bilancio che da ieri è tornato nuovamente reato con l'approvazione definitiva del ddl anticorruzione da parte della Camera (leggi" Ok della Camera al Ddl anticorruzione: la riforma è legge")
Dopo anni di depenalizzazione (a seguito della norma del 2001 dell'allora governo Berlusconi), la fattispecie, dunque, riacquisisce rilevanza penale con sanzioni più severe per i diversi tipi di società (quotate e non quotate) che si macchiano della falsificazione dei dati aziendali, attenuazione della non punibilità nei casi meno gravi e cancellazione delle soglie di rilevanza penale, con il fine dichiarato di segnare una svolta, in termini di lotta ad uno dei delitti simbolo della criminalità dei c.d. "colletti bianchi".
Vediamo come funziona il nuovo reato:
- Soggetti attivi
Elemento comune della fattispecie di reato, sia per società quotate che non quotate, sono le figure chiamate a risponderne: amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori.
- Elemento oggettivo e condotte
Il reato sussiste quando i soggetti sopra indicati "al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto" nei bilanci, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni sociali, dirette sia ai soci che al pubblico, "consapevolmente" espongono fatti materiali non rispondenti al vero oppure omettono fatti materiali rilevanti che devono essere comunicati per legge sulla situazione economica finanziaria o patrimoniale della società o del gruppo.
La condotta è punibile quando è esercitata "in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore".
- Il falso delle non quotate
Per le società non quotate la nuova legge detta una disciplina piuttosto articolata. Secondo il nuovo art. 2621 c.c., la pena base per il falso in bilancio va da 1 a 5 anni di reclusione, anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
Il limite edittale consente dunque di applicare (ex nuovo art. 2621-ter) la nuova causa di non punibilità per "particolare tenuità del fatto", dovendo il giudice valutare, in modo prevalente, "l'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori".
Sempre per le non quotate (e per le società che non superano i limiti di cui all'art. 1, comma 2, r.d. n. 267/1942) , i "fatti di lieve entità", salvo che costituiscano più grave reato, vengono puniti con una pena da sei mesi a tre anni. La valutazione va compiuta tenuto conto della natura e delle dimensioni della società, delle modalità o degli effetti della condotta (art. 2621 bis c.c.). Il delitto, in tal caso è procedibile a querela della stessa società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale.
- Il falso delle quotate
Sul versante delle quotate, la risposta del reato è più severa prevedendo la pena della reclusione da un minimo di 3 a un massimo di 8 anni.
Alle quotate, per espresso disposto della novella dell'art. 2622 c.c. sono equiparate:
- le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea;
- le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano;
- le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea;
- le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.
Vale anche per le quotate, infine, l'applicazione delle stesse pene se la falsità o l'omissione riguarda beni posseduti o amministrati per conto di terzi.
- Le sanzioni pecuniarie
La nuova legge "rimodula" in peius le sanzioni pecuniarie previste dall'art. 25-ter del d.lgs. n. 231/2001 in relazione ai reati in materia societaria, se commessi nell'interesse della società (o se la stessa ne ha comunque tratto vantaggio), con multe non indifferenti che vanno da 200 a 400 quote (per le società non quotate), da 100 a 200 se i fatti sono di lieve entità, e da 400 a 600 per le quotate.