Avv. Gabriele Mercanti
La Sentenza emessa dal Tribunale di Roma sez. VIII Civile il 22 ottobre 2014 testimonia come l'istituto della mediazione fatichi ancora a consolidarsi nella cultura giuridica degli Italiani. (1)
Lungi dal difendere aprioristicamente la conciliazione quale condizione di procedibilità, che - anzi -a parere di chi scrive è l'emblema della bandiera bianca macabramente issata dallo Stato Italiano sul disastrato fortino della Giustizia Civile (2), non può non notarsi come nel caso di specie la resistenza ideologica all'A.D.R. all'italiana abbia forse toccato vette inimmaginabili.
Passando ai fatti di causa, parte attrice incardinava avanti al Giudice Civile procedimento volto ad ottenere lo scioglimento di una comunione ereditaria instauratasi tra la moglie e le sorelle del defunto, ma queste ultime eccepivano l'inammissibilità della domanda poiché tra le parti in causa era stato già concluso un accordo conciliativo - tra l'altro omologato dal Presidente del Tribunale di Roma - che aveva determinato la cessazione della materia del contendere.
Ed ecco, allora, la duplice replica attorea volta a bypassare il perfezionamento dell'accordo di mediazione.
Dal punto di vista formale, veniva contestata la tardività dell'accordo essendo lo stesso perfezionatosi dopo il termine all'epoca dei fatti stabilito dalla Legge in quattro mesi. (3)
Dal punto di vista sostanziale, veniva sostenuto la sussistenza di un vizio del consenso costituito dall'erronea stima della massa ereditaria dividenda. (4)
Per il Giudice Capitolino si tratta di argomentazioni insussistenti.
Non quella relativa al superamento del termine, poiché "il contesto dove avviene l'accordo ha una rilevanza solo formale, ma non influisce in alcun modo sulla formazione della volontà pattizia essendo libere le parti di accordarsi o meno senza alcun potere impositivo (o decisorio) dell'organismo di mediazione" derivandone, allora, che "il limite di tre mesi stabilito dalla normativa per la durata della procedura è infatti strettamente connesso alla condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria. Mentre non costituisce un limite per la formazione dell'accordo".
Non quella sul presunto errore nella stima e/o valutazione della massa, dato che per insegnamento consolidato del S.C. (5) "l'errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, in quanto il difetto di qualità della cosa deve attenere solo ai diritti ed obblighi che il contratto in concreto sia idoneo ad attribuire, e non al valore economico del bene oggetto del contratto, che afferisce non all'oggetto del contratto ma alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un determinato accordo".
Il Giudice monocratico, nell'accogliere l'eccezione delle convenute, conclude affermando la natura contrattuale dell'accordo conciliativo, in quanto "altro non è che, nella maggior parte dei casi, un vera e propria transazione".
Avv. Gabriele Mercanti - Foro di Brescia - avv.gabrielemercanti@gmail.com
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(1) I fatti di causa afferivano ad un accordo di mediazione raggiunto vigente la prima versione dell'istituto come regolato dal D.Lgs n. 28/2010 prima che lo stesso fosse dichiarato incostituzionale (nella parte che ne prevedeva l'obbligatorietà ai fini della proposizione del relativo giudizio) per eccesso di delega con la Sentenza della Corte Costituzionale 272 del 6 dicembre 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 2012.
(2) Mi limito a riportare l'art. 24 1° comma della Costituzione: "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi".
(3) In particolare, il "ritardo" era stato determinato dal fatto che, al momento della sottoscrizione, uno dei comunisti (soggetto ad Amministrazione di Sostegno) non era ancora munito della necessaria autorizzazione giudiziale.
(4) Asseriva l'attore essere stato utilizzato il valore nominale e non patrimoniale dei titoli compresi nella massa.
(5) Cfr. in tal senso Cass. n. 5.139/2003.