Secondo l'ultimo rapporto Ocse, l'occupazione giovanile in Italia è scesa del 12% in 6 anni. Boom di "neet", i giovani cioè che non vanno a scuola e non lavorano

di Marina Crisafi - A dispetto di speranze di crescita ed effetto "Jobs Act", l'Italia si colloca penultima nella classifica europea sulla disoccupazione giovanile. Secondo l'ultimo rapporto dell'Ocse, "Giovani e occupazione", in 6 anni, dal 2007 al 2013, la percentuale di occupati sarebbe crollata del 12% (dal 64,33% del 2007 al 52,79% del 2013) collocandoci al penultimo posto nella fascia dei più giovani e al quartultimo in quella dai 30 ai 54 anni (scesa del 4% dal 2007 al 2013). Peggio di noi c'è solo la Grecia (con 48,49%).

Ma ciò che è preoccupante, secondo quanto emerge dal rapporto, è il vero e proprio boom di "neet", dei ragazzi cioè che non sono iscritti a scuola né hanno un'occupazione, che si attesta a più del 26% degli under 30, dato maggiore di tutta la media Ocse (dove in totale si segnala comunque una crescita pari a 39 milioni), tranne che per Turchia, Spagna e Grecia. Problema, quello dei neet, peraltro peggiorato dall'inizio della crisi, considerato che nel 2008, stando allo studio, il dato si attestava su circa il 19% (quasi 7 punti percentuali in meno).  

E non solo. Anche i giovani che lavorano nel Bel Paese sono "segnati" da una mancata corrispondenza tra l'occupazione svolta e le competenze acquisite. Stando a quanto emerge dal rapporto, infatti, il 31,56% dei ragazzi italiani ha un'occupazione di "routine" con mansioni che non richiedono l'utilizzo di competenze specifiche e più del 15% svolge un lavoro che non comporta alcun apprendimento. Il dato non migliora sotto il profilo "tecnologico", visto che il 54% dei giovani tra i 16 e i 29 anni non ha esperienza sull'utilizzo del computer sul posto di lavoro e il 3% non lo utilizza affatto.

Quanto alle competenze infine, maglia nera per i giovani italiani anche in ambito "culturale". Per il rapporto Ocse, l'Italia è il Paese con la percentuale più alta di giovani tra i 16 e i 29 anni e di adulti tra i 30 e i 54 anni che hanno scarse competenze in matematica (rispettivamente, 29,76% e 25,91%) e di lettura (19,7% e 26,36%).

Una situazione globale allarmante che spinge l'Ocse ad affermare come in Italia il problema della disoccupazione giovanile sia "specifico", andando oltre cioè a quello generale che caratterizza l'andamento degli altri Paesi e, dunque, del fattore crisi, e dipendendo invece da "condizioni sfavorevoli e debolezze nel mercato del lavoro, e nelle istituzione sociali ed educative".

 


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