di Marina Crisafi - Se il sottotetto è condominiale, in quanto destinato, per le caratteristiche strutturali e funzionali, "all'uso comune" o all'esercizio di un servizio di interesse comune, lo è anche il corridoio che vi dà accesso. Il principio ricavabile dalla lettera dell'art. 1117 c.c. è stato ribadito dalla Cassazione (sentenza n. 12157 dell'11 giugno 2015), chiamata a risolvere una lite tra condomini scoppiata proprio a causa del sottotetto.
La vicenda traeva origine dai lavori di ristrutturazione effettuati da una società immobiliare che aveva acquistato quasi tutte le cantine (13 su 14), realizzate appunto nel sottotetto, dal precedente proprietario dell'edificio. Al termine dei lavori, la società provvedeva ad inglobare nella proprietà anche il corridoio servente originariamente le 14 cantine. La cosa non sfuggiva al condominio che agiva in giudizio per chiedere il ripristino dello stato dei luoghi vincendo ampiamente nel merito. La vicenda continuava, quindi, in Cassazione, adita dalla società ricorrente, ma anche qui l'esito è analogo.
Per la seconda sezione civile, infatti, va ribadita la natura condominiale del sottotetto laddove destinato all'uso comune e, dunque, del relativo corridoio d'accesso, a nulla rilevando che le cantine appartengono quasi interamente ad un unico soggetto, perché, esiste comunque un altro proprietario (seppur di una sola unità immobiliare) e l'accesso da parte di due condomini è necessario e sufficiente per presumere la proprietà condominiale che potrebbe essere vinta soltanto dalla prova dell'esistenza di un valido titolo d'acquisto dimostrante la proprietà esclusiva del corridoio, cosa non avvenuta nel caso di specie.
Senza contare, ha continuato ancora la S.C., che appare difficile che "un corridoio concepito e costruito per l'accesso a molti distinti vani ripostiglio sia un bene avente una propria autonomia e indipendenza, non legato da una destinazione di servizio, almeno potenziale, rispetto all'edificio condominiale".
Cade così anche la tesi dell'abuso di diritto che, secondo la società ricorrente, il condominio starebbe perpetrando soltanto per compiere atti emulativi, quando invece nessuno dei singoli condomini avrebbe fatto un uso concreto del corridoio del sottotetto.
Per la Cassazione, invece, ciò che conta, non è l'uso effettivo ma quello "potenziale", ossia il concreto interesse dei condomini a "conservare la titolarità comune su una porzione dell'immobile che in futuro può sempre rivelarsi suscettibile di usi attualmente imprevedibili, come nel caso di posa in opera di tubi, fili, impianti e simili".
In definitiva, quindi, ricorso rigettato e proprietario condannato a restituire agli altri condomini gli spazi comuni di cui erano stati privati.
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