Fa un pesto che non si trova più.
Segreto: la provenienza del basilico ligure.
Solo Stefania da Rapallo sa dove approvvigionarsene.
Dev'essersi alzata molto presto; il cielo è un po' lugubre e fa cappa. Tempo di violenti nubifragi.
Un sonnellino ci sta proprio bene per la settantenne sempreverde come i suoi piatti vegetariani, anche se quella panchetta dev'essere troppo dura per dormirci su.
Spiego sottovoce (per non svegliarla) ai camerieri quel che vorrei ordinare.
E a tratti ripenso al mio incontro, bellissimo!, di venerdì scorso con Vauro Senesi, il popolare vignettista di Servizio Pubblico, qualche ora trascorsa in compagnia di un autentico Maestro della satira.
Mai nessuno, in tanti secoli di vita accademica, aveva pronunciato tante parolacce nella sontuosa Aula Magna dell'ateneo di Macerata...
L'ho fotografato mentre non si stancava di... disegnare autografi, per studenti e professori, personalizzati con una vignetta.
Ricordo Vauro nei suoi generosi raid presso gli ospedali di Emergency tra i bimbi neri africani e tra le vittime delle assurde guerre che la nostra Costituzione, all'art. 11, ripudia (non rifiuta, beninteso, ma ri-pu-dia! Qualcosa di definitivo ed assoluto) e che anche il nostro Paese continua a fomentare.
L'ipocrisia le chiama missioni di pace, sono all'evidenza spedizioni di guerra che debbono durare anni.
L'industria bellica ha le sue esigenze e le bombe, del resto, sono intelligenti.
I mercati, con le loro logiche neo-liberiste, soverchiano i diritti ed anche la stessa vita umana.
Mi arriva una mail e poi una chiamata di una mia amica, Silvia, che vuole organizzare un incontro con Pepe Mujica, al secolo José Alberto Mujica Cordano, il capo di stato più povero del mondo, l'uomo che parla alla gente con la lingua degli umili e ha fatto della sobrietà il proprio stile di vita, dopo lunghi anni in carcere, ostaggio della dittatura uruguagia.
Noemi Paolucci mi aveva confidato un po' di sfuggita di essere alle prese con la stesura di un libro sull'Africa delle missioni; le avevo dichiarato la mia disponibilità, come talvolta mi capita, a leggerle le bozze.
Mi piace immaginarmi editor di qualcuno.
Poi, più nulla sino ad un giorno in cui, con gesto veloce e fuggevole ma al tempo determinato, mi interrompe un attimo incontrandomi e mi consegna l'opera bella e pronta, Ave editrice, Roma!
Allestire da autodidatta un testo che possa camminare nel mondo della parola scritta con le proprie gambe se hai poco più di vent'anni (Noemi è del 1989) non è cosa semplice e facile; i libri sono un po' come figli: li immagini e li sogni astronauti, scienziati, piloti di Formula 1, poi magari s'impiegano al catasto terreni o da fognini comunali.
Ed allora ho subito divorato, forse per curiosità, le 135 pagine corredate di una ricca iconografica autoprodotta di "Lasciati abbracciare", sottotitolo "Un viaggio a cuore aperto", prezzo € 14,00 da devolvere in opere concrete, come emerge dalla simpatica mail di Noemi, che riporto in calce.
Confesso di avere il malvezzo di leggere alcuni libri all'inverso, partendo dalla fine (ovviamente non amo i gialli!).
Le fotografie mi hanno subito colpito.
Tutte le immagini, interne e di copertina, sono di Noemi.
Sì, perché Noemi è anche una bravissima fotografa con la Reflex sempre al seguito.
C'è un passo del racconto in cui Noemi mostra ad un bambino una foto di gruppo e il bambino riconosce tutti i suoi amichetti, ma le domanda chi fosse quello lì; sei tu!
Quel bimbo non aveva mai visto la propria immagine.
Mi ha colpito in modo particolare quel groviglio di quattro bambine che la cinge a corona a pag. 106, una sorta di gruppo laocoontico.
Che paesaggi sconvolgenti dai colori pastello, i suoi preferiti!
Non so se sia una brava scrittrice, se possa cimentarsi ancora con altri temi sui quali riversare i suoi indubbi talenti; so soltanto che leggerla mi ha emozionato, mi ha commosso e divertito.
Mi ha suscitato rabbia per le ingiustizie che descrive e che, con lievità, denuncia.
Ed io mi occupo di diritti, ma quali diritti hanno i bimbi con i quali fa il girotondo Noemi nella foto di copertina?
Mi ha descritto il suo percorso interiore che la porta quasi a fuggire più che ad intraprendere un viaggio.
Fuggire per ri-conoscersi lontana dai mille, inutili (ma apparentemente indispensabili) orpelli della nostra comoda quotidianità.
Anche il bagaglio va ridotto all'essenziale.
La permanenza di Noemi in Etiopia tra i più poveri tra i poveri, la "spazzatura umana", è assai toccante.
Racconta di un avvoltoio - guardone di incredibile apertura alare che la guata in un bagno africano, una porta di lamiera semichiusa, un buco per terra a mo' di improvvisata turca.
Narra degli indimenticabili tramonti e delle notti etiopi a Kofele, di cosa sono i tukul, "capanne circolari le cui pareti sono fatte di terra e letame e sono poi ricoperte con tetti di paglia", delle messe celebrate in lingua oromo o amarico e di tanti, tantissimi bambini neri da tenere per mano e da abbracciare.
Grazie, adorabile Noemi, per questo reportage sensibile dall'Etiopia!
E in Etiopia, per la precisione nella Prefettura di Robe, nascerà anche con i proventi del libro un ospedale psichiatrico.
Questa, infine, è la mail con cui mi ha rivolto il gradito invito:
Carissimo Paolo,
Ti allego l'invito alla presentazione del mio libro che si terrà venerdì 19 giugno alle ore 21.15 presso il teatro comunale di Morrovalle. Stiamo cercando di organizzare una presentazione un po' "dinamica", speriamo di riuscirci! Ci sarà anche una piccola mostra di foto che ho scattato in Etiopia ... E nell'occasione, con la distribuzione del libro, raccoglieremo offerte da devolvere interamente per la costruzione di un ospedale psichiatrico nella prefettura di Robe, proprio dove ho vissuto la mia esperienza di missione.