di Marina Crisafi - Era intervenuto più volte a "liberarle la piazza" dalle concorrenti per cercare di garantire stabilità alla sua attività autonoma di prostituta. E tutto questo per amore verso la donna alla quale si sentiva ormai legato sentimentalmente. Ma l'amore non salva di certo l'uomo dalla condanna per il reato di favoreggiamento della prostituzione.
Lo ha deciso la Cassazione, nella sentenza n. 24937 depositata il 15 giugno scorso, confermando la misura degli arresti domiciliari a carico di un ispettore capo della polizia, accusato di aver agevolato lo svolgimento del meretricio, attraverso interventi effettuati nei luoghi in cui si esercitava l'attività, anche se non previsti dal servizio, al fine di eliminare la concorrenza delle altre prostitute.
Per il Palazzaccio, infatti, non ci sono dubbi sulla chiarezza della condotta posta in essere dall'indagato che non necessita "quasi di commenti visto che, pur essendo vero, che non vi è reato quando l'aiuto sia prestato solo alla prostituta intesa in quanto persona, di certo tale non è il caso in esame", dal quale invece è inevitabile ravvisare gravi indizi di colpevolezza.
Non solo, quindi, non regge la tesi del ricorrente della mancanza di dolo poiché l'aiuto era diretto soltanto ad aiutare la persona da lui amata, ma neanche il fatto che la donna era la "confidente" dell'indagato che riceveva notizie utili alle indagini di poliziotto, senza percepire nessun altro vantaggio proveniente dal meretricio. Aspetto questo, considerato irrilevante dalla Corte, "visto che la contestazione è di favoreggiamento e non di sfruttamento" e visto che, per orientamento costante della giurisprudenza, "la fattispecie di favoreggiamento, di cui all'art. 3 n. 8 legge 75/58 si perfeziona favorendo ‘in qualsiasi modo' la prostituzione altrui, al punto da non essere neppure necessaria una condotta attiva, ma essendo sufficiente ogni forma di interposizione agevolativa". Condotta illecita che, peraltro, ha aggiunto la S.C., "può essere anche connotata da mera occasionalità".
Per cui a fortiori, nel caso di specie, in cui la condotta era tutt'altro che occasionale, la terza sezione penale ha concluso per il rigetto del ricorso e per la conferma della correttezza della misura cautelare.
Cassazione Penale, testo sentenza 24937/2015