L'importo dell'assegno di mantenimento, fissato dal giudice o da accordi privati in sede di separazione o divorzio, è un dato suscettibile di variare nel corso del tempo.
Assunto che il concetto di mantenimento abbraccia un'area ben più vasta del semplice obbligo alimentare (vedi in merito: la guida sull'assegno di mantenimento nonchè nella sezione il diritto in pillole, Il diritto agli alimenti) dovendo tendenzialmente concedere ai percettori un tenore di vita non troppo inferiore a quello goduto in costanza di matrimonio, il nostro ordinamento prevede la possibilità per ciascuna delle parti di richiedere in ogni tempo la revisione della cifra, ove ricorrano determinate situazioni di fatto.
In particolare, è possibile domandare al giudice l'aumento dell'assegno di mantenimento, nei casi di:
1) aumentate esigenze dei figli;
2) peggioramento significativo delle condizioni economiche dei c.d. soggetti deboli;
3) miglioramento significativo delle condizioni economiche del soggetto tenuto al versamento.
Aumentate esigenze dei figli
Stante la primaria finalità di tutela della prole (specie se minore) in fase di divorzio o separazione personale dei coniugi, la circostanza di cui al numero 1) ricorre con particolare frequenza fra i motivi di concessione della maggiorazione dell'assegno di mantenimento, non necessitando neppure - secondo consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 17055/2007) - di specifica prova.
Lo stesso evento naturale della crescita determina giocoforza un incremento dei bisogni dei figli, laddove alle necessità di tipo alimentare e abitativo si aggiungono quelle connesse alla vita sociale, scolastica, sportiva e ludica dei ragazzi (vedi Cass. 23630/2009).
Ecco perché, accertata comunque la capienza patrimoniale della parte obbligata alla contribuzione (Cass. 400/2010), le aumentate esigenze dei figli legittimano di per sé una revisione positiva dell'assegno di mantenimento, anche in assenza di un incremento reddituale e/o patrimoniale del genitore tenuto a versarlo.
Mutamento delle condizioni economiche
D'altra parte, un notevole deterioramento della situazione economica del coniuge beneficiario del mantenimento - come avviene tipicamente nel caso di perdita dell'occupazione lavorativa - rappresenta una causa legittima di richiesta di aumento della contribuzione da parte dell'ex coniuge (Cass. 4312/2012). E al contrario, il miglioramento notevole e dimostrabile delle condizioni economiche del soggetto tenuto al versamento dell'assegno determina spesso i giudici a decidere l'incremento dell'importo dovuto.
Aumento e adeguamento
L'aumento dell'assegno di mantenimento di cui si è fin qui parlato rientra - così come la riduzione - nelle ipotesi di revisione dell'assegno di mantenimento, richiedibile presso il Tribunale civile sia dal coniuge obbligato al versamento sia dall'avente diritto.
Altra cosa è, invece, l'adeguamento dell'assegno di mantenimento: ovvero quel meccanismo di rivalutazione automatica annuale delle quote versate a titolo di mantenimento sulla base dell'Indice FOI (Indice dei prezzi al consumo per Famiglie di Operai e Impiegati al netto dei tabacchi) dell'ISTAT, pensato per preservare il potere di acquisto dell'assegno di mantenimento dagli effetti della svalutazione monetaria.
Sebbene tale adeguamento sia previsto dall'art. 5 comma 7 della legge 898/'70 solo per gli assegni stabiliti in sede di divorzio, la Corte di Cassazione si è più volte pronunciata in favore dell'applicazione analogica della norma anche ai casi di assegni di mantenimento stabiliti in sede di separazione dei coniugi (vedi: Cass. 15101/2004; Cass. 13610/1999; Cass. 13131/1995).
Mara M.