Anche se l'inquilino non ha tutte le ricevute per dimostrare di aver pagato il canone, il giudice può comunque condannare il proprietario a restituire quanto percepito in eccedenza rispetto al canone indicato nel contratto.
Secondo la cassazione, infatti, (sentenza n. 12866 del 2015 qui sotto allegata) in un giudizio avente ad oggetto l'azione di ripetizione dell'indebito da parte del conduttore, il giudice che ritiene provato in via presuntiva il versamento dei canoni dello stesso importo risultante dai documenti esibiti dall'inquilino anche per i mesi per i quali non ci sono le ricevute, non viola il divieto della praesumptio de praesumptio (ossia il divieto della doppia presunzione).
Per cui, una volta dimostrato con documenti o prove testimoniali che sono state versate somme maggiori rispetto al canone contrattuale, è legittimo presumere che lo stesso importo sia stato versato in tutti mesi intermedi a quelli in cui il pagamento risulta dimostrato.
Nel caso di specie il proprietario aveva incassato per diversi anni importi superiori a quanto contrattualmente stabilito (oltre che in misura superiore al canone legale) ed è stato quindi condannato a restituire la somma di € 32.000 indebitamente percepita in eccesso.
Il proprietario aveva lamentato che i giudici di merito avessero indebitamente violato il divieto della doppia presunzione, ma secondo la Cassazione tale divieto sussiste soltanto nei casi in cui si trae da una presunzione semplice, un'altra presunzione semplice. Nel caso di specie però il giudice non ha fatto altro che risalire da un fatto noto e giudizialmente accertato ad un fatto ignoto e questo deve ritenersi legittimo.
Il conduttore, infatti, aveva esibito una serie di vaglia postali e dimostrato attraverso testimonianze di parenti di aver eseguito anche pagamenti in contanti.
Per questo si è ritenuto che la mancanza di ricevute fosse dovuta proprio al fatto che alcuni pagamenti erano fatti con denaro contante consegnato al proprietario.
Secondo la Cassazione, una volta dimostrato il pagamento dei canoni di affitto, la regola dell'esperienza fa supporre che i pagamenti siano andato avanti con un andamento regolare.
La c. d. praesumptio de praesumpto, da considerarsi vietata, conclude la Corte, si ha solo "quando si utilizza una presunzione come fatto noto, per derivarne da essa un'altra presunzione".
Qui di seguito il testo della sentenza.
Cassazione testo sentenza n. 12866/2015