Secondo la decisione della Corte è legittimo dunque il sequestro preventivo dei beni del professionista che ha agito con coscienza e volontà insieme al proprio cliente per mettere in atto comportamenti fraudolenti.
Nel caso preso in esame dalla Corte, un commercialista era stato chiamato a rispondere del reato quale istigatore, perché in qualità di "tenutario delle scritture contabili" del proprio cliente "ed incaricato della redazione e trasmissione delle dichiarazioni dei redditi" aveva "prestato la propria opera in continuativa difformità rispetto ai suoi doveri professionali" ed aveva anche omesso "ogni adempimento utile
per ripristinare la legalità, pur avendo continuato per lungo tempo ad assistere professionalmente il suo cliente".
Insomma secondo la Cassazione (sentenza n. 24967 del 16 giugno 2015) deve ritenersi legittimo il sequestro preventivo dei beni del commercialista che non si è attivato in tempo per correggere la situazione di illegalità.
E al sequestro si può procedere anche quando dall'illecito deriva esclusivamente un risparmio di spesa di cui a beneficiare è il cliente del professionista.
Il motivo?
Secondo la Corte, il sequestro preventivo è attuabile sui beni di uno qualsiasi dei co-imputati, indipendentemente dal fatto che dal reato derivi o meno un vantaggio diretto.
In altri termini "il concorso di persone nel reato implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente ed il sequestro non è collegato all'arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito"
La misura cautelare dunque, "può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti, fermo restando che il valore dei beni sequestrati non può complessivamente eccedere il valore del prezzo o del profitto del reato, in quanto il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca".
Cassazione Penale, testo Sentenza 24967/2015