Con il Decreto Legge n. 83 del 27 giugno 2015, che ha ad oggetto l'introduzione di misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria, nel codice civile è stato inserito l'art. 2929 bis, rubricato "Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito", il quale, nei fatti, introduce nel nostro ordinamento una sorta di "revocatoria di legge" e può essere applicato alle procedure avviate dopo l'entrata in vigore del decreto.
La previsione dell'art. 2929 bis c.c.
Il nuovo articolo prevede che i beni immobili e i beni mobili registrati possono essere oggetto di esecuzione forzata anche se sottoposti a vincolo di indisponibilità o se oggetto di alienazione a titolo gratuito, sempre che il vincolo o l'alienazione siano successivi all'insorgere del credito e purché il pignoramento venga effettuato entro un anno dalla trascrizione del vincolo o dell'alienazione.
In caso di alienazione a titolo gratuito, l'espropriazione potrà essere effettuata anche direttamente nei confronti del terzo acquirente.
In sostanza, con il nuovo strumento il creditore non dovrà più attendere l'emanazione di una sentenza dichiarativa di inefficacia dell'atto compiuto in suo danno dal debitore, la cui mala fede diviene presunta.
Atti di disposizione oggetto della previsione
Il vincolo di indisponibilità cui si riferisce l'art. 2929 bis c.c. può essere apposto attraverso, ad esempio, la costituzione di un fondo patrimoniale, la costituzione del trust, la costituzione di un patrimonio societario separato.
La nuova disposizione fa poi riferimento all'alienazione a titolo gratuito, ovverosia a quella avvenuta attraverso atti di donazione.
Applicabilità della nuova previsione
La previsione introdotta dal D.L. n. 83/2015 si applica, oltre che ai creditori che promuovano l'esecuzione forzata, anche ai creditori anteriori che intervengano nell'esecuzione forzata promossa da altri entro un anno dalla trascrizione del vincolo o dell'alienazione.
I rapporti con l'azione revocatoria
Prima dell'introduzione dell'art. 2929 bis nel codice civile, l'unico strumento che tutelava i creditori lesi da atti posti in essere dai debitori al fine di sottrarre beni in loro possesso dall'esecuzione forzata e inficiare, quindi, gli elementi di garanzia patrimoniale era l'azione revocatoria.
In sostanza, con l'azione revocatoria il creditore poteva solo agire in giudizio per far valere i propri diritti e ottenere la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti degli atti di disposizione patrimoniale posti in essere in suo danno.
Ciò in presenza di un pregiudizio arrecato da un atto dispositivo del debitore alle ragioni del creditore, della consapevolezza da parte del debitore di ledere gli interessi del creditore e, in caso di pregiudizio posto in essere attraverso un atto a titolo oneroso, della conoscenza del pregiudizio da parte del terzo.
Oggi invece, pur permanendo in capo al creditore la possibilità di ricorrere all'azione revocatoria, essa non è più indispensabile nel primo anno dalla trascrizione del vincolo o dell'alienazione e l'emanazione di una sentenza dichiarativa di inefficacia dell'atto dispositivo non costituisce più l'unico strumento per consentire la tutela delle ragioni creditorie.
Solo decorso tale termine, il vecchio strumento rimarrà l'unico del quale i creditori potranno avvalersi.
Le conseguenze pratiche del nuovo art. 2929 bis c.c.
Le conseguenze pratiche che il nuovo art. 2929 bis del codice civile porta con sé sono di certo degne di particolare nota.
Al di là dell'evidente incremento di tutela che comporta in favore delle garanzie patrimoniali dei creditori, la nuova disposizione incide negativamente sul diritto di difesa del debitore, il quale potrà tutelarsi dall'espropriazione solo attraverso l'opposizione all'esecuzione.
Ciò determina, a differenza di quanto avviene in caso di esperimento dell'azione revocatoria, che le spese processuali per l'accertamento della buona fede del debitore dovranno essere anticipate da quest'ultimo e, soprattutto, il rischio che l'immobile eventualmente oggetto di disposizione venga venduto all'asta o debba essere abbandonato dal debitore già nelle more del giudizio di opposizione.