di Marina Crisafi - L'assegno di mantenimento disposto a favore del coniuge economicamente più debole cui è stata revocata l'assegnazione della casa coniugale, non deve coprire i costi dell'affitto di un'abitazione avente lo stesso valore di mercato. È sufficiente che consenta una sistemazione "decorosa" anche se più modesta. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza n. 15272 depositata ieri (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un'ex moglie che chiedeva l'aumento dell'assegno di mantenimento disposto a carico del marito, in quanto dopo aver visto revocare l'assegnazione della casa coniugale, perché la figlia in comune era diventata maggiorenne e aveva raggiunto l'autonomia economica, doveva cercarsi un'altra sistemazione.
La Corte d'Appello aveva già elevato, rispetto alla sentenza di primo grado, l'importo dell'assegno a 800 euro mensili, tenendo conto della disparità economica tra i due coniugi (lui ex diplomatico in pensione e titolare di redditi da locazioni immobiliari, lei con reddito notevolmente inferiore e priva di casa ma comunque titolare di immobili, benchè improduttivi).
Ma la donna ritenendo insufficiente la somma aveva adito la Cassazione.
Per il Palazzaccio però dovrà accontentarsi, perché se è vero che, per giurisprudenza consolidata, l'assegno deve tendere al mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio e nella sua quantificazione deve tenere conto dello svantaggio del coniuge economicamente più debole rimasto privo della casa coniugale, è altrettanto vero che il suo ammontare "non deve essere sempre e comunque direttamente proporzionale al canone di mercato dell'immobile che il coniuge deve lasciare, potendo ipotizzarsi una diversa sistemazione, in abitazione eventualmente più modesta, ancorché decorosa".
E il giudice di merito, ha deciso in conclusione la sesta sezione civile, ha tenuto in debito conto quanto sopra, tanto da elevare l'importo dell'assegno determinando una cifra congrua per trovare un'adeguata sistemazione.
Cassazione sentenza n. 15272/2015